AVIP

DIARIO 1999 - MISSIONE A DOBOROVCI: RELAZIONE DELLA SETTIMANA IN BOSNIA DEL 1999

Partecipanti

Bacco Paolo, Bautista Ruben, Beggio Raffaello, Bizzo Maria Grazia, Bodon Monica,- Bugarella Davide, Buzzacarin Fabio,'Capellato Daniela, Cavalletto Alessandra, Collini Luciana, Del Pezzol Veronica, Faccini Loredana, Fiorin Daniela, Fiorin Laura, Fiorin Mario, Marchetto Michele, Meneghetti Virginia, Miola Laura, Panizzolo Alessandro, Panizzolo Angelo, Passera Stefano, Pena.zzo Battistina, Pescarolo Matteo, Petranzan Anna, Quaggia Luca, Saggiorato Vanni, Trivellato Antonio, Urlando Germano, Zanin Francesco, Scotti Giacomo, Superina Sandro.

Scopi della missione

Rinsaldare i rapporti di amicizia con gli abitanti del villaggio e con i profughi; realizzare attività di volontariato in forma congiunta.

Attività programmate

Coordinatore generale: Mario Fiorin

Responsabile organizzativo: Paolo Bacco

Responsabile amministrativo e tecnico: Francesco Zanin Responsabile animazione: Maria Grazia Bizzo Responsabile laboratori: Monica Bodon

Docenti corsi di lingua: Veronica bel Pezzol e Laura Fiorin Responsabili attività sportive: Stefano Passera e Luciana Collini Responsabile campi di lavoro: Gennano Urlando

Responsabili cucina: Anna Petranzan e Virginia Meneghetti Incaricata per la relazione: Laura Miola

Interpreti: Giacomo Scotti e Sandro Superina

DOBOROVCI 1999: RICORDI DI VIAGGIO

Domenica 8 agosto 1999

6 di mattina, siamo in venti pronti a partire per Doborovci - Missione "insieme con gioia 1999". Quest'anno i nostri programmi sono: portare in dono le scarpe da calcio alla squadra locale, ed il materiale didattico per la scuola materna dei campo profughi, tinteggiare l'ambulatorio e ala scuola materna, tenere un mini corso di lingua italiana, ed ovviamente come tutti -gli anni organizzare giochi e tornei con i bambini ed approfondire i rapporti con la gente dei posto.

Siamo in 20 tra veterani e nuovi: Maria Grazia e Francesco, Monica, Paolo e Anna, Battistina, Daniela e Michele, Laura, Daniela, Antonio, Veronica, Davide, Matteo, Raffaello, Stefano, Vanni, Ruben ed io, Maria Laura ed il traduttore Giacomo Scotti.

A Doborovci ancora dal venerdì ci stavano aspettando il nostro presidente Mario Fiorin, Luciana, Virginia, Fabio, Germano ed il traduttore Sandro.

Il viaggio, a parte un piccolo incidente, è tranquillo, passiamo per la Slovenia, la Croazia e finalmente raggiungiamo il fiume Sava. Questa volta non dobbiamo guadarlo con il traghetto, hanno finalmente terminato la costruzione del nuovo ponte che rimpiazza quello distrutto dai bombardamenti.

Il nuovo ponte è molto bello, illuminato da due file di lampioni. Attraversata la Sava, passiamo la frontiera ed entriamo in territorio Bosniaco, subito dopo questa c'è un tratto della strada che chiamiamo "Arizona" dove la gente, lungo la strada, mette un cavalletto con sopra in bella mostra sigarette e cassette di musica per venderle ai viaggiatori.

Sempre in questo tratto di strada si trovano poi numerosi ristorantini in legno, stile Far West, costruzioni alla mano ma con una certa grazia. Noto che rispetto allo scorso anno ci sono molti più ristoranti e venditori.

Verso le 17.00 arriviamo a Doborovci, che è nel pieno della festa che celebra la liberazione della Bosnia, Mario e gli altri ci stanno attendendo.

Trovo che anche la festa è più grande, con più bancarelle, venditori e punti di ristori. Ci sono parecchi "ristoranti improvvisati" con un tendone, qualche tavolo e delle sedie, per il divertimento dei ragazzi c'è la giostra a catenelle ed in più un gioco gonfiabile per bambini che va di moda anche da noi.

Lunedì 9 agosto 1999

La nostra organizzazione logistica quest'anno è abbastanza felice nei giorni di bel tempo, perché utilizziamo una cucinetta con annesso terrazzo, sopra il ristorante di Krusko.

Questo permette una grande autonomia. In mattinata abbiamo un incontro con il fedele e disponibile Habib, la maestra della scuola materna del villaggio, Nasveta Alic, ed il maestrino dei campo profughi, Nusret. Il presidente li informa che consegneremo loro il materiale da noi portato per le scuole materne, esponiamo i nostri programmi e chiediamo la collaborazione di ragazzine per l'animazione e la tinteggiatura dei locali da sistemare; viene da loro proposta una serata letteraria nell'ambito della quale alcuni ragazzi che hanno redatto un giornalino scolastico potrebbero leggerci le loro poesie. Dopo la riunione, visitiamo il campo profughi dove ci intratteniamo a chiacchierare con alcuni degli abitanti.

Nel pomeriggio c'è il primo incontro con i bambini nello spiazzo 9icino alla scuola. Per farlo pulire dalle cartacce e dai rifiuti buttati durante la festa del giorno prima, promettiamo a tutti un palloncino ed un cioccolatino a chi le raccoglie. La promessa ha un effetto incredibile: velocissimo tutti si danno da fare, raccolgono freneticamente carte, rifiuti, persino vetri rotti senza nessuna prudenza.

Terminata l'operazione, facciamo dei bans; ma il caldo è insopportabile per cui dispensiamo palloncini e cioccolatini, i cui involucri, tranquillamente buttati a terra, danno allo spiazzo l'aspetto originale.

La serata, invitati da Nusret, la passiamo con i ragazzi dei campo profughi che in uno stanzone adiacente all'ambulatorio hanno dato via a una piccola discoteca casalinga. Molti dei nostri (la sottoscritta inclusa, malgrado lo sguardo sdegnato dei figlio) si scatenano ai ritmi rock e tecno la Lauretta non perde neanche un ballo.

Per ricambiare la cortesia, cantiamo "il Gatto e La Volpe" di Bennato, accompagnati dalla chitarra di Matteo, noi non cantiamo molto bene ma loro non sono molto incoraggianti. Usciamo dalla "discoteca" e ci sediamo sui gradini dell'edificio e, sotto un'incredibile stellata, Matteo suona il sax.

Le note morbide ci incantano e quando Matteo esegue la Pantera Rosa Francesco si esibisce in una perfetta Pink Panter.

La musica e le stelle ci rendono tutti romantici ed un po' esuberanti. Nusret canta una dolcissima serenata a Battistina..

Martedì 10 agosto 1999

In questi primi giorni la temperatura è particolarmente elevata per cui i bambini hanno meno voglia di giocare. Nella mattinata iniziamo i giochi di squadra; nel pomeriggio Stefano, Raffaello e Francesco gestiscono i tornei mentre gli altri portano avanti i vari laboratori.

Ci sono molte attività creative: pittura, aquiloni, creazione di braccialetti artistici, porta matite e vari oggetti regalo.

I bambini e le bambine che partecipano a questi laboratori sono veramente tanti e, considerando la difficoltà a comunicare, penso siano riusciti abbastanza bene, il solo fatto che a questi laboratori partecipi un numero così elevato di ragazzini è un segnale che sono apprezzati.

Mercoledì 11 agosto 1999

Come da programma in mattinata, accompagnati da Nusret, abbiamo fatto una passeggiata su una collina di Doborovci. Come sempre ha partecipato un gruppo numeroso di bambini... Abbiamo preso la strada che porta alla Moschea e proseguito per un sentiero fino ad arrivare alla cima dei colle dal quale si godeva la vista di colline, campi e villaggi.

Ho 'avuto la fortuna di conoscere Mirsada, una bambina dei villaggio, molto intelligente, che guardandosi le telenovele in spagnolo alla televisione ha imparato questa lingua, per cui riusciamo a comunicare. Mirsada mi spiega che a Capodanno e nella ricorrenza del 1º Maggio sono soliti recarsi in quella collina e fare festa.

Siamo passati vicino alla casa di una anziana signora che ad alcuni bambini ha regalato le pere dei suo albero.

I genitori dei bambini, prima che partissimo per la passeggiata, si erano fatti rassicurare da Nusret che avremmo riportato i bambini a casa prima dell'eclissi, perché avevano la convinzione che, se i bambini fossero rimasti fuori durante l'eclissi, sarebbero rimasti ciechi.

I bambini, malgrado le nostre spiegazioni sull'infondatezza di una simile paura, erano talmente preoccupati di tornare a casa in tempo da chiederci spesso l'ora.

L'eclissi avviene durante il pranzo, ed è una esperienza unica, non tanto per il fenomeno naturale per se stesso, quanto nel vedere Doborovci quasi completamente deserta, la cosa più incredibile è la totale assenza dei bambini che normalmente invece si assiepano alle entrate dei ristorante di Krusko.

Nel pomeriggio ci rechiamo a Brcko, città situata nella zona serba. Viene con noi anche Krusko, che mancava da questa città, dove aveva sempre vissuto, dal 1992.

Giacomo ci spiega che questa città è stata particolarmente distrutta dalla guerra perché città chiave e per i Bosniaci e per i Serbi, in quanto situata vicino al fiume Sava e con un porto fluviale e punto di congiunzione fra le due parti controllate dai Serbi. La giornata nuvolosa non aiuta certo la città a darci una buona impressione.

Le case devastate, trivellate dai proiettili, danno un forte senso di depressione e di tristezza.

Non notiamo gli stessi segni di ricostruzione di Gračanica, forse ci sono, ma la massiccia distruzione è quella che salta agli occhi.

Ci fermiamo vicino ad un cimitero mussulmano e Krusko ci dice che, durante la guerra, i giornalisti Bosniaci nei loro giornali scrivevano che in quella città i serbi avevano arato i cimiteri, possiamo invece constatare che questa notizia non era vera perché il cimitero si presenta trascurato ma non arato.

Krusko aggiunge che il problema dei profughi non è semplice, e ci racconta che alcuni profughi, tuttora domiciliati a Doborovci, avevano fatto ritorno nella loro casa a Brcko, l'avevano trovata occupata da una famiglia serba, che li aveva accolti con molta gentilezza, offrendo loro il caffè. I nuovi inquilini avevano spiegato che a loro volta erano rifugiati, la loro casa, in zona bosniaca, era occupata da altra gente che a sua volta stava attendendo che la loro casa si liberasse.

Passeggiando per la cittadina, notiamo che quasi tutti i cartelli sono in carattere cirillico, mentre quelli indicanti attività commerciali hanno le scritte anche in carattere in latino.

Nella parte vecchia della città gli edifici sono vetusti e cadenti.

Giovedì 12 agosto 1999

Le nostre giornate scorrono intense; oggi, nella mattinata, abbiamo intrattenuto i ragazzi con giochi con l'acqua mentre nel pomeriggio proseguiamo con i vari laboratori che, a giudicare dal numero di partecipanti sempre in crescita di partecipanti, si possono considerare un successo.

Verso sera, nel terrazzo di Krusko, assistiamo ad uno spettacolo preparato in nostro onore. I bambini della scuola materna dei campo profughi eseguono un balletto in costume nazionale, sventolando bandierine bosniache, mentre i piccoli della scuola materna dei paese ci recitano delle poesie. Lo spettacolo termina con l'esecuzione di un ballo tradizionale (in costume tipico) da parte dei giovani dei campo profughi.

Dopo lo spettacolo, ci aspetta da Krusko la cena offerta dalla squadra di calcio a cui abbiamo portato le scarpe in dono.

E' presente anche il rappresentante dei consiglio dei villaggio, un signore anziano, che ci da un benvenuto caloroso e fraterno. Tre ragazze giovanissime leggono delle poesie scritte da loro e che hanno per terna la vita, l'amicizia. Queste e altre poesie sono state raccolte in un libro e pubblicate dalla loro scuola. Ci leggono anche le poesie di un poeta operaio bosniaco contemporaneo, sono forti e vibranti e trasmettono il dolore, lo stupore di combattere una guerra non voluta e fratricida.

Mangiamo capretto arrosto, loro piatto tipico, e ci vengono servite bibite, vino e grappa bosniaci.

Le cene si sa, scaldano gli animi, siamo tutti allegri, mangiare assieme crea intimità, richiama a vecchi riti di fratellanza. Consegniamo le scarpe da gioco ai calciatori, l'onore è riservato a noi donne. Una alla volta ognuna di noi consegna le scarpe al giocatore con tanto di bacio (della madrina di turno), foto e battimano. A parte l'imbarazzo, è un momento molto simpatico e divertente. Presi dall'entusiasmo, i nostri volontari e i calciatori decidono di avere una partita amichevole il giorno dopo.

Gli animi sono sempre più riscaldati e Matteo si esibisce con il sax e l'imitazione di vari versi di animali.

Siamo tutti felici, allegri,. momenti come questi sono indimenticabili. Ho la sensazione che il bello della vita è questo, questo stare assieme, senza schemi o convenzioni e con la profonda accettazione di noi stessi e degli altri.

Venerdì 13 agosto 1999

Oggi con i bambini abbiamo fatto la caccia al tesoro. E' un gioco molto amato dai ragazzi anche per i premi che ricevono le squadre che si piazzano per prime.

E' abbastanza impegnativo e anche noi animatori ci facciamo un po' prendere dalla competitività, dalla voglia che la nostra squadra vinca, ma lo trovo un coinvolgimento bello. Nel pomeriggio, come al solito, ci sono i laboratori ed i nostri uomini vanno a giocare la partita di calcio. Raffaello si batte come un leone per tener alto il nostro onore (lui è stato un calciatore professionista) e perdiamo dignitosamente. I ragazzi bosniaci hanno un bel gesto e cioè a fine partita scambiano le loro maglie con quelle dei nostri che, per l'occasione indossano la maglia con la scritta AVIP. E' una maglia indossata da noi nelle occasioni ufficiali della nostra missione come una divisa.

Sabato 14 agosto 1999

La maratona impegna ragazzi e bambini, seguita dai premi, e poi il pranzo da Krusko dove mangiamo cibi a dir poco deliziosi, tutti preparati dalle signore dei paese.

Gli addii. Credo che quasi tutti abbiamo gli occhiali da sole per darci un contegno e nascondere gli occhi rossi: ogni anno è così, non puoi non sentire un nodo in gola quando hai passato una settimana in mezzo a ragazzini così affettuosi, spontanei, allegri.

Non puoi non provare un nodo in gola a lasciarti da queste bambine semplici e tanto coccole.

Siamo stati bene, con loro, bene tra noi nel gruppo. Eravamo tutti diversi, con storie diverse, età diverse, chi con più esperienza chi per la prima volta ma uniti dalla voglia di fare, di conoscere, di stare bene.

Incredibilmente siamo andati d'accordo, incredibilmente non ci sono state tensioni ma ci si è accettati per quello che siamo, per quello che possiamo dare, qualcuno di più, altri di meno, ma ognuno ha dato tutto se stesso perché era una gioia dare e la ricompensa era semplicemente nel fare.

Ho trovato incredibile questo accettarsi ognuno per quello che si è, non solo con le nostre qualità, ma anche.con i nostri difetti e diversità che ci rendono vulnerabili ma anche tanto umani. Mi sono chiesta se il rapporto con i profughi e la gente dei villaggio di Doborovci non è passato anche attraverso questa accettazione fra noi dei gruppo che è stata una chiave, specialmente per alcuni di noi, per avvicinarsi alle persone di questo paese ed iniziare rapporti di conoscenza e di amicizia.

Scritto da Maria Laura Miola

Il SENSO del nostro lavoro

RIFLESSIONI SULLA MISSIONE A DOBOROVCI (8-15 agosto1999)

Si è conclusa la quarta missione estiva dell'AVIP a Doborovci (il villaggio coi quale il nostro gruppo tiene un rapporto di gemellaggio di solidarietà). Stranamente, risulta più difficile adesso fare una relazione sull'esperienza, quando dovremmo essere ormai collaudati, dopo qualche anno, anche per questa cosa. Se ripenso a come è trascorsa la settimana "Insiemecongioia99 ", ricordando soprattutto i momenti magici vissuti coi bambini, le occasioni avute per poter godere della tipica ospitalità bosniaca, il consolidarsi dei rapporti di amicizia personale, allora si può dire che l'esperienza è stata positiva. Ma, proprio perché ormai siamo "veterani" in azioni di questo tipo, ci poniamo tante domande: se stiamo andando avanti per la strada giusta; se è giusto rammaricarci del fatto che alcuni punti del programma non siano riusciti, che la collaborazione di alcune persone del posto, da noi auspicata e programmata, non si sia avuta; se dobbiamo o non dobbiamo pensare a fare le cose più in grande, visto che ormai dovremmo essere esperti. Ma poi rifletti e dici che un'azione responsabile è anche quella che accetta di vivere dentro i momenti difficili, dentro i dubbi, non perdendo mai la speranza di trovare una via d'uscita, noi e loro insieme.

Nel programma erano previsti dei campi di lavoro per tinteggiare le pareti dei due asili e per sistemare il tetto degli spogliatoi; solo una parte del lavoro è stata fatta, sia perché i volontari, pochi, sono stati reperiti sul momento, senza un'esperienza intensa di valorizzazione del volontariato, sia perché i responsabili del villaggio hanno modificato le proposte per il materiale da usare per il tetto, per cui quel lavoro poi non è stato fatto. Al di là di una certa delusione, puoi pensare che le cose non fatte costituiscono una base per sapere che cosa si può fare con loro in un'altra occasione. Per il lavoro di tinteggiatura, inoltre, è bello ricordare come siano stati coinvolti alcuni giovani per abbellire la loro "discoteca" (una disadorna saletta di 6 m per 5) dopo una nostra visita serale per stare con loro, che si dilettavano col rock "duro" (non c'è differenza nelle mode giovanili tra popoli diversi). Per quei giovani si è trattato di un'opportunità per sentirsi presi in considerazione, per vivere momenti simpatici di amicizia e complicità con i coetanei italiani impegnati a lavorare insieme. Ti resta nell'animo e nella mente l'assillo: potremmo fare di più per quei giovani profughi, che da anni si trovano sistemati in un campo, decoroso (case in muratura) ma sempre provvisorio? Davanti a se non hanno nulla, né un lavoro né un futuro roseo; per il passato, possono avere ricordi drammatici, e anche quando ritorna il ricordo di qualcosa di bello, quel qualcosa è sempre localizzato in un posto che adesso è occupato da chi ha fatto strage dei loro padri e dei loro fratelli più grandi. Per 51 settimane all'anno per loro non succede niente, e per una settimana in agosto arrivano i volontari italiani a portare una parentesi di gioia e amicizia.

E' stata bella anche la collaborazione dei maestri dei due asili dei villaggio (Nasveta e Nusret) per svolgere le attività di animazione; è stata una forma di riconoscenza per i contributi in denaro e materiale didattico garantiti dall'AVIP. Provoca perplessità il fatto che i due asili siano due strutture separate per bambini residenti e per bambini profughi, ma è stato importante aver sostenuto una cosa preziosa come la scuola per bambini da 3 a 6 anni, come poteva testimoniare la presenza di mamme e papà in certi momenti importanti delle attività di animazione in cui erano coinvolti anche i bambini piccoli. Altre perplessità venivano da certe richieste presentate dai membri del Suncokret e dai rappresentanti del villaggio; in loro permane la delusione e il disagio perché la scuola elementare di Doborovci non è ancora stata Inserita nei piani di finanziamento per lavori di ristrutturazione (e la loro scuola, in condizioni fatiscenti, ha veramente bisogno di essere messa a posto); ma non hanno preso in considerazione la nostra proposta di usare i modesti finanziamenti dell'AVIP per le piccole necessità della scuola, chiedendo piuttosto di dare altri contributi per la squadra di calcio. Da un anno all'altro abbiamo scoperto che, per i motivi di delusione sopra descritti, alcune persone che collaboravano con noi negli anni precedenti non si sono fatte vedere. Che fare allora? Decidiamo di non rifiutare del tutto le richieste della squadra di calcio, e per il resto stiamo a vedere come si metteranno le cose in futuro. L'importante è continuare a incontrarci e stare insieme con loro; nel nostro piccolo manteniamo questa disponibilità preziosa a tener vivi i contatti tra popoli diversi. Vediamo che le necessità sono tante: i profughi da Srebrenica che ancora non hanno potuto fare ritorno alle loro case; la difficoltà di un popolo a realizzare una vera ricostruzione (nelle attività economiche, ma soprattutto nei valori della speranza, di un progetto per il futuro, della ripresa della convivenza). Sappiamo che su queste grandi questioni noi possiamo fare ben poco, un ruolo decisivo appartiene alle alte sfere della politica; ma è nostro dovere conoscere questi problemi, creare discussione tra la gente, ed utilizzare quelle poche occasioni di cui possiamo disporre per far conoscere questi problemi a quelli che contano. Forse sarà un eccesso di ottimismo, ma solo in questo modo si può continuare ad andare a stare qualche giorno in mezzo agli amici bosniaci, senza sentirci in crisi, perché ci riconosciamo impotenti, o complici nel fornire un alibi a chi potrebbe fare e non fa, sapendo che un po' di consolazione i generosi volontari continueranno a portarla.

Intanto cerchiamo di trovare una soluzione dando un senso alle piccole cose che facciamo: continueremo a fare qualcosa per la squadra di calcio, sapendo che si tratta in qualche modo di un aiuto a beneficio dei giovani, cerchiamo di informarci sulle necessità dell'ambulatorio medico, continueremo a mandare materiale didattico per la scuola elementare e per gli asili (ai quali invieremo anche contributi in denaro); prenderemo in considerazione in seguito la loro richiesta di venire da noi per qualche giorno con la squadra di calcio, per disputare alcune partite amichevoli con squadre della nostra zona, ma soprattutto per dare l'occasione di una visita in Italia, (il sogno di tanti giovani bosniaci). Sono iniziative modeste, forse alcune non sono proprio le più adatte, ma vogliamo vivere l'esperienza della solidarietà con umiltà, senza pretendere di avere la bacchetta magica, ma orgogliosi di mantenere un rapporto umano che per gli amici bosniaci è prezioso. Cercheremo le occasioni e le forme giuste per denunciare ai responsabili della politica e della diplomazia internazionale che presso Gračanica, nel Cantone di Tuzla, vivono circa 600 profughi della zona di Srebrenica che ancora non possono ritornare nelle loro case (solo alcuni hanno fatto un viaggio per vedere, ma non per tornare, ed hanno trovate le loro case distrutte o occupate dai serbi, a loro. volta profughi da altri territori). Per il momento, vale la pena di sottolineare che una settimana vissuta con semplicità in mezzo a quei bambini della Bosnia è un momento fondamentale di sensibilizzazione e di formazione; i nuovi (cioè coloro che partecipavano all'esperienza per la prima volta) anche quest'anno sono tornati a casa ancora più motivati a continuare a fare solidarietà e ansiosi di tornare a giocare e cantare con i bambini a Doborovci.

IL PRESIDENTE A.V.I.P.

Mario Fiorin

Stile predefinito (basso contrasto).Cambia stile (testo scalabile, medio contrasto).Cambia stile (testo scalabile, alto contrasto).[Non definito.]
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