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DIARIO 2013 - MISSIONE A DOBOROVCI: RELAZIONE DELLA SETTIMANA IN BOSNIA DEL 2013

RELAZIONE MISSIONE ESTIVA 11-18 AGOSTO 2013 - ATTIVITA' SVOLTE

A cura di Mario

ANIMAZIONE

I volontari A.V.I.P. si sono dedicati ad attività di gioco per bambini e ragazzi fin dalla prima missione del 1996. Anche quest'anno sono state proposte diverse attività di animazione, soprattutto giochi di squadra in preparazione dei GIOCHI SENZA FRONTIERE, che si sono svolti giovedì 15 agosto, con la partecipazione delle squadre dei diversi villaggi musulmani e serbi.

Per i bambini più piccoli sono stati realizzati dei laboratori manuali-espressivi, per realizzare dei lavoretti creativi con vari materiali (carta, stoffa ecc.).

Nella mattinata di venerdì 16 si è svolta la tradizionale passeggiata su per le colline che circondano Doborovci: due ore distensive, all'aria aperta, benefiche anche per gli animatori dopo le giornate di attività intensa.

ATTIVITà SPORTIVE

Come è tradizione già da qualche anno, sono state organizzate delle squadre per piccoli tornei di calcio per i ragazzi, e pallavolo per le ragazze. I premi (coppe di rito, e gadget vari) sono stati un incentivo per "impegnarsi" nelle gare, con il vigile controllo da parte degli animatori perché la competizione non degenerasse in un esagerato e pericoloso agonismo.

Al sabato mattina si è svolta la cosiddetta MARATONA, una corsa podistica con percorso "adattato" per i giovani concorrenti divisi in due categorie: i piccoli (dai 6 ai 10 anni), i grandi (dai 10 ai 14).

CASI SOCIALI

Prima della missione estiva, i consigli di villaggio di Doborovci e di Doborovci Alto ci hanno segnalato i casi di persone o famiglie che si trovano in difficoltà per vari motivi: situazione economica precaria, difficoltà a pagare le medicine nel caso di malattie croniche, disagio sociale. Mentre nei primi anni ci limitavamo ad assegnare ad ogni caso sociale un contributo in denaro, abbiamo gradualmente cercato di migliorare la nostra azione. Perciò anche quest'anno, all'inizio della nostra settimana, abbiamo fatto visita alle persone segnalate, per conoscere da vicino le loro situazioni, ma soprattutto per stabilire un contatto umano e superare il rapporto superficiale che avevamo in passato. Nei giorni successivi abbiamo preso in mano le varie situazioni secondo le specifiche necessità: in qualche caso sono stati realizzati (dalla "squadra operativa") alcuni interventi per piccole manutenzioni nelle abitazioni. Prima della conclusione della nostra missione, il gruppo dei volontari al completo ha preso le decisioni sulle forme d'intervento e gli incaricati si sono recati personalmente presso le famiglie per la consegna degli aiuti (fornitura di generi alimentari o contributi in denaro per medicinali).

PROGETTO ADOTTA UN TERRENO

A partire dal 2006 alcune famiglie di profughi prendono in affitto degli appezzamenti di terreno e si dedicano a coltivare ortaggi di vario tipo, soprattutto cetrioli che vengono venduti e costituiscono una forma di reddito. In questo modo le famiglie sono stimolate a non adagiarsi a vivere di assistenza, ma a rimboccarsi le maniche per migliorare le proprie condizioni di vita. Per dare un incentivo a queste famiglie, l'A.V.I.P. eroga annualmente un contributo per le spese relative all'acquisto di sementi e concimi. Durante la nostra missione in agosto, abbiamo contattato queste famiglie, per verificare l'andamento del raccolto. Purtroppo siamo venuti a sapere che il raccolto quest'anno è stato molto scarso; i profughi erano letteralmente abbattuti: tanto lavoro e tanti sacrifici per ottenere quasi nessun guadagno, e alcune famiglie ci hanno detto che non erano nemmeno in grado di pagare l'affitto ai proprietari di terreno. Conversando con loro, abbiamo saputo che le cause dello scarso raccolto erano varie: sia la siccità della stagione e l'impossibilità di irrigare, sia il fatto di coltivare per piûù anni le stesse colture nello stesso terreno. Ci siamo perciò accordati per affrontare insieme il problema e cercare una soluzione.

PROGETTO DONNA

Fin dai primi giorni abbiamo incontrato le donne del campo profughi, per concordare la quantità di tappeti che ci dovevano consegnare per la vendita nelle "bancarelle" organizzate a Sant'Angelo e dintorni. I tappeti sono confezioni artigianali, realizzate col telaio manuale: noi aiutiamo le donne nella vendita, sia per offrire l'opportunità di avere una forma di reddito, sia per valorizzare i prodotti della cultura locale e della laboriosità delle donne bosniache.

Inoltre si sono tenuti degli incontri con il gruppo delle donne coinvolte nel progetto "DONNE IN SCENA": con loro è stata fatta una verifica sullo svolgimento dei corsi professionali di parrucchiera e sarta, e sono state concordate le modalità per sviluppare le attività di aggregazione femminile, per rendere le donne protagoniste nella vita della comunità.

PROGETTO GIOVANI

I giovani di Doborovci nei mesi scorsi hanno costituito un'associazione, per proporre iniziative di aggregazione e stimolo culturale nel proprio ambiente. Il loro primo progetto è stato la sistemazione di una sala come luogo di ritrovo per i giovani, sia per occasioni di intrattenimento, sia per attività formative. La sistemazione della sala è cominciata con il lavoro volontario da parte dei giovani stessi, e L'A.V.I.P. ha erogato un contributo per le spese relative all'acquisto di materiale, allo scopo di incoraggiare questa bella esperienza. Durante la nostra settimana a Doborovci, alcuni di questi giovani ci hanno affiancato nelle nostre attività con i bambini; perciò, come forma di gratitudine, abbiamo aggiunto un altro contributo per le spese della sala. Ma un risultato importante si è avuto con i profondi legami di amicizia che si sono creati tra i giovani di Doborovci e i giovani volontari di Sant'Angelo e dintorni che quest'anno ci hanno accompagnati nella nostra missione INSIEME CON GIOIA.

MARTEDì 13 AGOSTO

Diario a cura di Ivano Manzato

Oggi mi aggrego al gruppo che va a far visita ai "CASI SOCIALI".

Com'è ormai tradizione da diversi anni, su indicazione delle autorità paesane seguiamo cinque casi sociali di Doborovci e cinque di Doborovci Alto, con la modalità messa a punto in questi anni: all'inizio della settimana andiamo a trovarli una prima volta (con interprete, solitamente Fatima Mehemedovic), passiamo un po' di tempo con loro conversando amabilmente e cercando di capire i loro bisogni e le reali necessità. Quindi, dopo un breve consiglio sul da farsi e sulle modalità di aiuto, si decide la forma di aiuto per ogni singolo caso: consegna di generi alimentari, o contributi per acquisto di medicine, oppure altri interventi secondo le necessità. Una volta prese le decisioni, si ripassa a trovare le persone contattate, per la consegna del contributo o per fare i lavori stabiliti. Al momento del saluto, non può mancare la promessa di future visite, sempre richieste e gradite. Quest'anno, grazie alla presenza di numerosi e volonterosi giovani, si è potuto far fronte con lavori manuali ad alcune carenze riscontrate, contribuendo a migliorare da subito e concretamente la quotidianità di alcuni nostri amici di Bosnia.

Nel contempo si rafforzano le conoscenze e le confidenze con tutto il paese di Doborovci: la comunità in senso generale, con le istituzioni in testa, i giovani e le donne per alcuni progetti ed anche, particolarmente, con i soggetti più fragili e bisognosi.

MERCOLEDI' 14 AGOSTO

Diario a cura di Enrico

Ti svegli e già dagli odori e dall'aria sai che sei in Bosnia, cominci sempre con un sorriso, quello della gente che incontri e che ti saluta, e che non ha paura di incontrarti.

La mattina è fatta di colazione e programmazione delle attività, che "guarda caso" si modificano sempre: per ogni giornata c'è un percorso tracciato, ma poi si aggiungono sfaccettature nuove e impreviste, con la bellezza di non essere gli unici partecipanti ai progetti, ma di trovarsi nella condivisione di aspettative, partecipazione e suggerimenti degli amici bosniaci.

La corsa alle attività ti fa sentire vivo ma anche impotente davanti ai tanti bisogni, alle piccole e grandi povertà che intravedi dietro il pudore e la dignità di tante donne, uomini e bambini.

Poter essere parte della loro umanità, anche solo con un piccolo gesto, ti permette di cogliere il vero significato della vita che non sempre sai dare alla nostra esistenza consumistica e convulsa, alla ricerca a volte di mere e vuote soddisfazioni.

La corsa ad individuare ed acquistare i materiali per il nuovo progetto di manutenzione delle abitazioni di alcune persone del villaggio e del campo profughi ha generato inventiva e capacità interpretative anche linguistico-gestuali che a volte sono sfociate nell'ilarità e nel ridicolo, sempre condito dalla voglia di fare e mettersi in gioco.

L'incontro con le donne che si sono impegnate nei corsi di formazione ci ha dato la dimensione di come piccoli progetti possono, se portati avanti con costanza, dare grandi e significativi frutti. Quando ci si sente parte e partecipi del cambiamento e della possibilità di diventare protagonisti del proprio cammino di vita, allora sì che negli occhi di queste donne leggi orgoglio di essere una persona.

Il profumo della sera si fa dolce e immenso, magari perché due chiacchiere in compagnia, un goccetto di rakja o di pivo e una risata alla Ivano chiudono in "gloria" un'altra giornata piena di gioia in Bosnia.

GIOVEDI' 15 AGOSTO

Diario a cura di Alberto

POLAKO! L'entusiasmo si misura in decibel

Ingredienti:

Prendi il gruppo di bambini indisciplinati, distribuisci le magliette colorate e dividi in squadre diverse i bambini con la maglia dello stesso colore. Limita varie zone del campo con il nastro bianco rosso e inventati dei giochi semplici. Prova a spiegare i giochi al gruppo di bambini indisciplinati. Lascia cuocere per circa due ore sotto un sole a 40º. Hai ottenuto i Giochi Senza Frontiere.

Petrovo, 15 Agosto 2013

Di norma l'entusiasmo si misura in decibel. Entusiasmo di una classe di liceali durante l'ora di latino? Zero decibel.

Entusiasmo della stessa classe di liceali allo scoccare della ricreazione? Abbastanza decibel.

Entusiasmo di un gruppo di bambini durante l'ora dei giochi? Molti, moltissimi decibel.

Quei bambini non sudavano acqua, ve lo posso assicurare. Quei bambini sudavano voglia di correre, di muoversi, di stare insieme.

Perché è così che vanno le cose quando l'entusiasmo incontenibile di bambini incontenibili incontra l'entusiasmo contenibile degli adulti: con estrema semplicità. Tra le urla, il caos, il sole che compariva e scompariva come il coniglio nel cilindro dei prestigiatori, le bandiere rosse, la musica, le parole in lingue diverse, le comprensioni, le incomprensioni per le parole in lingue diverse, i colori, il gioco di squadra, i balli di gruppo, le classifiche, the winner is. Tra tutto quello che è successo in un pomeriggio di festa una cosa mi si inchioda nella mente: che le frontiere in natura non esistono. E laddove dove esistono per colpa della guerra, provare ad abbatterle attraverso il gioco è quanto di più nobile si possa fare.

VENERDI' 16 AGOSTO

Diario a cura di Andrea

GITA A SARAJEVO

Sveglia alle 6 in punto. Non posso negare una certa emozione, tornare a Sarajevo è sempre bello e questa volta lo farò insieme ad Alessia; insieme stiamo per andare nella città che ci ha fatto innamorare ancora prima di conoscerci, ma questa è un'altra storia...

Federico è in piena forma, la Bosnia gli fa bene!!!

Partenza da Doborovci alle 7 e 54, gli amici dell'AVIP che hanno deciso di partecipare alla gita ci sono tutti, chi più assonnato e chi meno; 5 automobili e 180 chilometri da fare, chilometri che in Bosnia, si sa, sono molti di più.

Partiamo. Federico, legato al suo seggiolino, canta e saluta.

Dopo una sosta in autogrill, raggiungiamo la prima tappa della nostra giornata: il Tunnel della Speranza. Qui, alla periferia della capitale bosniaca a pochi passi dall'aeroporto, ad aspettarci ci sono due amici dell'AVIP: Omer e sua moglie Neri. Due cittadini di Sarajevo che la guerra ha portato via dalla loro città, dalla loro casa; da anni ormai vivono a Pordenone.

Omer ci racconta la storia dell'assedio, l'inizio della guerra. Io sono completamente rapito dal suo racconto; ho letto tanti libri sulla guerra, tante testimonianze di quei maledetti 4 anni, ma questa è la prima volta che ascolto dal vivo la testimonianza di chi quei maledetti 4 anni se li è vissuti sulla pelle. Omer poi inizia a raccontarci la sua di storia, quando la sua famiglia è riuscita a scappare e lui è rimasto, quando è stato ferito, il tono della sua voce si fa concitato, vibrante, ripete in continuazione che le guerre di tutto il mondo sono assurde e che, alle prime avvisaglie, bisognerebbe subito alzarsi in piedi e opporsi, andrebbero schiacciate come si spegne un incendio appena acceso. Nessuno credeva che la guerra sarebbe potuta arrivare anche lì, a Sarajevo. "Quando sei qui, pensi che tutti debbano essere qui, che tutti debbano sapere e sentire e vedere, non ti spieghi più come si faccia a vivere lontano da qui. Perché l'uomo è così", continua Omer, "quando ama qualcosa o qualcuno, è convinto che tutti debbano amarlo o meglio non si spiega come possano gli altri non amarlo a prima vista".

Dopo la visita alla casa-museo del Tunnel, Omer ci accompagna in cima alla Twist Tower, uno dei numerosi grattacieli nati dalle macerie della città negli ultimi 20 anni. Dal 35º piano la vista di Sarajevo ti toglie il fiato: da un lato i quartieri più moderni, dall'altro la Sarajevo più antica con sullo sfondo la Baščaršija, l'antico quartiere ottomano, e tutt'intorno le montagne. Le montagne che nel 1984 hanno ospitato le Olimpiadi invernali e che pochi anni dopo hanno ospitato i mortai e i cannoni dell'artiglieria serbo-bosniaca. Montagne di gioia prima e di disperazione dopo.

Salutati Omer e la moglie, ci avviamo a piedi verso il centro. La Baščaršija, nonostante la presenza massiccia di turisti, conserva il suo fascino antico. Le botteghe degli artigiani che vendono tappeti, gioielli e prodotti tipici attirano l'attenzione di tutti noi, ma sono le 4 del pomeriggio e lo stomaco di molti reclamano burek e cevapcici. Siamo alla ricerca di un locale consigliatoci da Omer che pare troppo lontano considerando i morsi della fame che ci attanagliano. Quando vedo lo sguardo della dolcissima Giulia Manzato che guarda il piccolo Federico come se guardasse un polletto allo spiego, temo il peggio, ma, grazie a Dio, scorgo il ristorante poco avanti e, come le acque del Mar Rosso, anche i nostri stomaci si aprono.

Sarajevo oggi è ancora più bella di come la ricordavo, tra poche ore si inaugura il Film Festival e nella città si respira un'aria frizzante.

Il gruppo AVIP si divide, io e Alessia percorriamo le strade che ci hanno fatto innamorare alla ricerca dei nostri ricordi. Io trovo un vecchio bazar dove posso placare la mia sete di memorabilia della Jugoslavia e Alessia un negozio dove due anni fa comprò bellissimi vestiti. Federico sembra percepire l'energia di Sarajevo ed è sempre allegro e dispensa sorrisi per tutti.

Il tempo passa in fretta, troppo in fretta, è ora di ricompattare il gruppo e ripartire per Doborovci.

Arriviamo a notte fonda, siamo tutti stanchi, ma soddisfatti.

Appuntamento tra poche ore...la maratona ci aspetta, fortuna che non dobbiamo correre noi.

PS (nota personale)

Io e Alessia, prima di incontrarci per non lasciarci più, abbiamo avuto alcuni mesi di intenso scambio epistolare, durante i quali si può dire che il nostro amore è cominciato.

Un'amicizia comune ci mise in contatto perché Alessia aveva deciso di andare in vacanza in Bosnia e cercava qualcuno che le desse qualche dritta...quel qualcuno ero io. Iniziò così uno scambio di mail nelle quali io le vomitai addosso tutto il mio amore per i Balcani e, lo ricordo come fosse oggi, la sera in cui mi sedetti davanti al PC per parlarle di Sarajevo mi uscì di getto quanto segue:

Di Sarajevo non si può scrivere... Sarajevo è da vedere... ti si può presentare come una donna bellissima che placida dorme adagiata sul letto oppure ti può travolgere come un temporale estivo e inondarti con i suoi odori, i suoi sapori e i suoi colori. La Gerusalemme d'Europa ...la città del secolo breve...con essa il XX secolo è iniziato e in essa è finito, sempre nel sangue. Sarajevo che sbocca storie in ogni sguardo che incroci e trasuda storia in ogni angolo che svolti. Sarajevo, la città in cui nello stesso quartiere trovi la chiesa cattolica, la chiesa ortodossa, la moschea e la sinagoga. Sarajevo la città martire che era già globalizzazione quando la globalizzazione poteva essere qualcosa di bello, la città dolente che era già Europa unita quando Europa unita voleva significare condivisione, comprensione e solidarietà. Sarajevo è donna, perché Sarajevo ti fa innamorare, ti da la felicità assoluta e il dolore più atroce; perché Sarajevo si fa accogliere, ma mentre l'abbracci senti che lacrima ancora. Sarajevo con le sue rose che troverai lungo le strade: i segni delle granate che l'hanno stuprata per anni ricoperti di vernice rossa. Sarajevo che l'occidente che un tempo fu consapevole spettatore inerme, oggi altrettanto consapevole continua l'opera di distruzione a colpi di catene alberghiere 5 stelle, a colpi di centri commerciali vocati a un consumismo che a Sarajevo stona, anzi strazia, a colpi di fast food. Stanotte non ti dico dove dormire, dove mangiare e dove andare a divertirti, stanotte ti presento una creatura viva, che è stata offesa e che prima di essere visitata e vissuta va conosciuta e compresa...perché ci deve perdonare. Notte

SABATO 17 AGOSTO

Diario a cura di Michele

L'esperienza oramai in tutte le sue attività sta volgendo al termine e, allo stesso tempo, raggiungendo lo scopo ed il senso per cui è stata vissuta e portata avanti tra inventiva ed azione di ognuno dei partecipanti.

Lasciando per qualche ora l'attività di costruzione del bagno esterno, andai ad osservare lo svolgimento degli ultimi giochi fatti sul campo di cemento. Arrivato nel momento preciso in cui si concludevano, rimasi a vedere le premiazioni di ogni squadra. I ragazzi gridavano di continuo, probabilmente eccitati dal premio da ricevere e difficilmente riuscivano a mettersi in fila secondo le disposizioni degli animatori. Mi godetti sino alla fine comunque l'intera scena, le voci, i suoni, il sole, le grida e le risate che riempivano la giornata.

Nel frattempo il mio gruppo finì il bagno esterno e stava levando il materiale per andarsene. La costruzione era molto curata, ben disposta, talmente accogliente secondo qualcuno che avrebbe voluto inaugurarlo subito e testarne il livello di comodità. Ma non era fatto per noi, bensì per quella mamma e la sua bambina che fino a qualche tempo prima ne erano sprovviste. Tra molti ringraziamenti e sorrisi salutammo e lasciammo quella casa, nella quale ci eravamo fermati quasi tutti i giorni della settimana. Fu come lasciare qualcosa di indubbiamente familiare che si era creato nel corso del tempo.

Il fulcro della giornata fu la serata passata da Krusko, condotta con molta allegria assieme alle persone del posto e tutti i ragazzi con cui avevamo stretto amicizia. Era tutto offerto: rakija, birra, acqua, il primo di pasta sfoglia ed un secondo costituito da portate abbondanti di agnello molto saporito. La serata era vissuta appieno da tutti, grazie pure alla musica balcanica ballata dalla gente del posto in cerchio. Qualcuno di noi si improvvisava a far gli stessi passi scattanti e veloci. In particolare noi giovani dell'associazione assieme ai giovani del posto, eravamo molto presi dalla festa del momento, oltre che un po' avanti con qualche birra in più forse. Man mano che l'ora però si faceva più tarda, la musica più alta e la gente sempre più voleva continuare. Mario mi ripeteva di richiamare tutti i ragazzi dell'AVIP per finire e tornare a casa. Lo vidi preoccupato e provato. Passai più di qualche minuto a chiamar tutti, poiché quasi nessuno voleva andarsene. Tutti volevano rimanere a ballare. Infine fu abbassata la musica e in concomitanza si calmarono gli animi. Dopo aver ringraziato e salutato tutti quanti, tornammo alle nostre abitazioni per passarvi l'ultima nostra notte.

DOMENICA 18 AGOSTO

Diario a cura di Greta

Un inspiegabile... MAL DI BOSNIA!!

Scatta la mezzanotte, è domenica.

L'ultimo giorno della nostra esperienza ahimè è arrivato, ma nessuno se ne accorge.

Siamo tutti troppo indaffarati a continuare la festa presso il mitico bar Krusko, c'è chi balla a ritmo della tradizionale musica bosniaca e chi, invece, un po' traballa per il bicchierino di rakjia bevuto in più per fare onore a questo paese che con tanta semplicità e calore fraterno ci ha accolti.

La musica ad un certo punto si spegne... mmm ok, abbiamo capito, è ora di andare a letto perché, purtroppo, fra qualche ora dobbiamo mettere in moto le macchine e ripercorrere a ritroso tutti gli 800 km che ci hanno portato fino a qui.

Così ognuno si reca nella propria casa a dormire quelle poche ore rimaste.

Io, Martina, Marco, Enrico e Michele prendiamo le macchine per andare verso casa, pronti per l'ultimo sonno bosniaco cullati dalle risate fatte, dall'allegria dello stare insieme e del condividere.

DRRRRIIIIINNNNNN.... La mia sveglia senza pudore osa svegliarmi dopo neanche 6 ore di sonno!! Ah si, giusto: mi ero ripromessa di farmi una doccia.

Bon... tre, due, uno........... rrrrrooooooonfffff sono Marco, Michele ed Enrico che si alternano in un cannone ronfante.

Mi lancio sotto la doccia e realizzo che è arrivato quel momento, il momento di salutarsi.

Mentre l'acqua si portava via con sé il peso del sonno non dormito, per qualche strano motivo comincio a ripassare nella mia testa i giorni della settimana in bosniaco proprio come mi avevano insegnato i bimbi in questi giorni: "Ponedjeljak, utorak, srijeda, cetvrtak... " non riesco a finirli perché percepisco un nodo alla gola, sarà che ho un problema psico-emotivo con i finali delle cose, ma per intenderci NON VOGLIO TORNARE A CASAAAAA.

Eeee dai, non è ora di perdersi, devo sistemare la valigia, vestirmi, asciugarmi i capelli e svegliare i belli addormentati.

In camera Martina è già sveglia, ci scambiamo un buongiorno e un sorriso: "se ghemo za capio".

Sveglio i concertisti dall'altra parte... ahhahahahah che facce da: sonno movimentato, rakjia mal digerita, cena più che abbondante e facce da "dove soi, chi soi".

In velocità e in silenzio ci sistemiamo, c'è nostalgia nell'aria!!!

Prima di salire in macchina c'è una cosa da fare: andare dalla nostra Hatidza e ringraziarla per l'ospitalità di questa settimana.

Ci fa entrare nel suo salottino con la delicatezza e il sorriso che l'ha contraddistinta in questi giorni.

Quando il cuore è pieno di emozioni e gratitudine nemmeno la diversità di lingua diventa un ostacolo; le porgiamo qualche semplice dono, ci abbracciamo e sorridiamo, tentando di far capire qualcosa in più di un "Hvala"... non so se ci siamo riusciti però!!

Accompagnandoci alla porta Hatidza, con il suo sorriso rugoso e i suoi occhi espressivi, ci fa capire di essere desolata di non aver niente da darci da mangiare per il viaggio; ci lascia interdetti la sua umiltà!

La salutiamo ancora e in macchina ci fermiamo davanti a Krusko e loro sono i lì!!

I nostri amici e amiche bosniaci, alcuni dei bimbi e gente del posto sono li che ci aspettano per salutarci.

1, 2, 3 via... scendiamo dall'auto.

Avrei voluto dire mille cose, ma sono riuscita ad esprimere per più di qualche secondo solo un sorriso ebete, quasi paralizzato.

I ragazzi italiani scambiano qualche battuta sulla serata passata, giù a ridere ancora e poi iniziamo a salutarci.

Inizio da Izabella, la guardo: carnagione chiara, capelli e occhi scuri alta più o meno come me... mi pare che non abbia nulla di particolare o diverso da una persona come le altre, o no?

No, con Izabella come con tutti gli altri ragazzi bosniaci abbiamo vissuto emozioni vere, divertimento, sorrisi e abbiamo con-diviso, abbiamo diviso insieme un'esperienza che affratella da più punti di vista, l'abbiamo resa rigogliosa, Vitale!

Grazie Amici bosniaci!

Saluto gli altri ragazzi, ci abbracciamo e mi scende una lacrima: se ne accorgono, sorridono quasi stupiti e ci riabbracciamo.

Dopo aver ripetuto per l'ennesima volta "è ora di andare", riusciamo a salire in macchina dopo gli ultimi abbracci e saluti anche agli amici dell'Avip, perché l'avventura per me, Marco, Enrico, Michele, Federico e Davide non finiva qui ma sarebbe continuata a Novi Vinodolski (fatalità) per qualche giorno al mare.

Salgo alla guida della macchina di Enrico (fisicamente ancora un po' provato dalla serata passata, te si vecio!!), salutiamo ancora tutti, li guardo dallo specchietto fino a che non li vedo più e veramente adesso siamo ripartiti.

Davanti a me c'è la macchina di Marco con Michele e Walter, il traduttore che ha condiviso con noi la settimana e che ha alleggerito di molto le oggettive difficoltà linguistiche.

Quanti pensieri, quanti ricordi, quante emozioni si affollano fra testa e cuore, ma a parole non riesco a spiegarmi.

Credo che quando si vivono esperienze così forti e diverse dalla nostra quotidianità per forza si sente l'esigenza di ripeterle.

La Bosnia per me è stata un bel "sciafon in tel muso" che ti riporta alla realtà e alle vere necessità della vita, è stata una carezza delicata grazie alle relazioni immediate semplici e vere createsi, è stata carburante per i nostri animi esausti della quotidianità scontata.

E poi, dopo tutte queste belle parole, sai cosa ti dico, caro il mio diario, che se il bagno e la doccia italiani non mi sono mancati, chiaro segno che in Bosnia mi sono sentita proprio a Casa!!!!

Con un magnifico ricordo nel cuore e una gratitudine sconfinata confermo il mio ARRIVEDERCI alla mia seconda casa in quel della Bosnia!!!!

RIFLESSIONI DI GRUPPO SULLA MISSIONE "INSIEME CON GIOIA 2013"

Eravamo in 32, tra "vecchi" volontari e new entry, ma non abbiamo sentito differenza: lavorare insieme per la solidarietà ci ha integrati.

Erano presenti anche tre famiglie, con genitori contenti di provare l'esperienza insieme ai figli. C'era qualche giovanissimo, ed anche un bambino di sette mesi: tutti si sono sentiti importanti. Qualcuno è tornato a Doborovci dopo diversi anni ed ha provato l'emozione di vedere che i bambini di allora erano cresciuti.

Chi è venuto per la prima volta ha potuto conoscere di persona quello che l'A.V.I.P. fa a Doborovci. Non c'era differenza tra giovani e meno giovani, tra giovani italiani e giovani bosniaci. Si è rinsaldato ancora di più il legame tra noi volontari italiani e la gente del posto: anche se c'è la difficoltà della lingua, siamo ormai di casa a Doborovci. Quest'anno, quasi quasi, ci sembrava di essere lì da una vita. Di tante cose che abbiamo fatto ... la sintesi è nella parola "MIR/PACE": pace CON e PER i giovani, italiani e bosniaci insieme. Ci siamo scambiati tante cose: riflessioni su esperienze, modi di vivere, il proprio passato; ma anche cose più semplici: frutta, rakija...; lo scambio ha continuato e continua con le comunicazioni del gruppo facebook.

Abbiamo portato aiuti concreti, per rispondere ai bisogni materiali/primari: la gente ci sorrideva anche se si trovava in condizioni tristi.

Non sono mancati i momenti più vivaci, come la festa del sabato sera: anche questi momenti hanno creato un bel clima di "amicizia senza frontiere".

Abbiamo svolto molte e varie attività; ogni giorno c'era un programma impegnativo, ma il clima di condivisione e affiatamento ha reso le giornate leggere.

Tra le molte le attività che ci hanno coinvolto, i "GIOCHI SENZA FRONTIERE" sono stati i più importanti: era bello vedere il grande entusiasmo dei bambini piccoli, che provenivano da diversi villaggi di etnie e religioni differenti, orgogliosi di vivere una giornata diversa.

Abbiamo potuto vedere qualche motivo di speranza, soprattutto per le donne. Alcune di loro, appartenenti alle famiglie del campo profughi, si erano sentite derubate della loro dignità; però abbiamo visto che il progetto "DONNE IN SCENA", soprattutto con i corsi di parrucchiera e sarta, permette loro di uscire dall'isolamento in cui vivevano prima.

Dopo una settimana impegnativa, ma anche di "aria fresca", abbiamo portato a casa tanta gioia e tanti sorrisi. Abbiamo anche il ricordo di O. (una ragazza del posto) che ci ha salutati tra le lacrime: la nostra risposta può essere l'impegno a tornare.

Per quei volontari che quest'anno non hanno potuto partecipare non è stato facile essere lontani; ma, dopo aver trascorso alcune giornate di nostalgia, chiedendo subito notizie a chi tornava, hanno potuto condividere con gli altri i commenti e i sentimenti di entusiasmo.

Sant'Angelo di Piove 9 settembre 2013

Stile predefinito (basso contrasto).Cambia stile (testo scalabile, medio contrasto).Cambia stile (testo scalabile, alto contrasto).[Non definito.]
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