AVIP

RELAZIONE DELLA SETTIMANA IN BOSNIA DEL 1998 3^ MISSIONE DI ANIMAZIONE A DOBOROVCI "Insiemecongioiaancora" 9 - 15 agosto 1998

Partecipanti:

Paolo Bacco, Carla Bertin, Ruben Bautista, Marco Bertan, Maria Grazia Bizzo, Monica Bodon, Ivano Calore, Luciana Collini, Daniela Fiorin, Laura Fiorin, Ivano Manzato, Virginia Meneghetti, Laura Miola, Chiara Padovan, Battistina Penazzo, Anna Petranzan, Maurizio Pistore, Germano Urlando, Francesco Zanin, Leila Zanellato, Giacomo Scotti, Morena Scotti.

Responsabile della Missione: Paolo Bacco

Segretario: Ivano Manzato

Responsabile amministrativo e tecnico: Francesco Zanin

Responsabile attività animazione: Maria Grazia Bizzo

Responsabili laboratorio artistico: Monica Bodon e Leila Zanellato

Responsabili attività sportive: Maurizio Pistore e Luciana Collini

Responsabili cucina: Anna Petranzan e Battistina Penazzo

Interpreti: Giacomo Scotti e Morena Scotti

Docente corso di italiano: Giacomo Scotti

Scopi della Missione:

Rinsaldare i rapporti di amicizia con gli abitanti del villaggio e con i profughi, realizzare interventi di solidarietà

Attività programmate

Animazione per bambini e ragazzi (giochi di squadra, canti, ecc...)

Laboratorio artistico-manuale: decorazione pittorica, confezione di oggetti ornamentali

Attività sportive: tornei di calcio, basket; maratona, corso di italiano per adulti e ragazzi, allestimento del parco giochi e consegna materiale didattico

Accordi per fornitura di materiale veterinario

Relazione Generale

a cura di Laura Miola

Questo è il terzo anno che un gruppo di volontari AVIP si reca nel villaggio di Doborovci - municipalità di Gračanica - per trascorrere una settimana con i ragazzi e la gente del villaggio. Lo slogan, come gli altri anni, è stato "Insieme con gioia".

DOMENICA 9 AGOSTO: partenza.

L'appuntamento era a S. Angelo alle ore 5.30, si doveva caricare tutto il materiale da portare al villaggio (doni, viveri, materiale didattico, e alcuni pezzi del parco giochi da installare) e subito dopo partire. La brutta sorpresa è stata quando abbiamo visto il pulmino che ci era stato promesso. Ci immaginavamo un pullman vero e proprio ed invece era un pulmino tipo scuolabus vecchissimo, piccolo e un po' malandato, adibito al trasporto degli atleti della volley di Pontelongo. Malgrado tutto siamo riusciti a caricare quasi tutto il materiale nel pulmino e nelle macchine ed a partire verso le 6.30.

La velocità è stata per tutto il viaggio "da crociera": non più di 100 Km all'ora, sotto il sole di agosto e con solo i finestrini davanti che si potevano aprire. C'è da dire che questo pulmino, che sembrava ormai al capolinea della sua carriera, nella parte italiana richiedeva un autista con patente D. Quindi fino alla frontiera abbiamo avuto un autista abilitato, che è stato poi riportato a casa da Roberto Stivanello il quale ovviamente ci seguiva per questo con la sua macchina. Sono venuti in macchina, fino a Doborovei ovviamente, tutti carichi di materiale: Virginia e Luciana con l'auto di Luciana; Ivano e Monica con il Fiorino; Anna, Battistina e Marco nella Punto di Paolo; Maurizio e Maria Grazia nella Tipo di Maurizio.

Nel nostro pulmino c'erano: Germano, detto Nando, che dalla frontiera Slovena fino a destinazione ha condotto egregiamente il mezzo, Ruben, Francesco, Daniela, Carla, Chiara, Laura, Leila, la sottoscritta Laura e il grande Ivano, impareggiabile barzellettiere che ci ha fatto dimenticare il caldo, la stanchezza mettendo tutti di gran buon umore con i suoi lazzi, le sue battute, le sue spiritosaggini. C'è da fare anche un'altra osservazione, quest'anno i partecipanti erano, come si può notare, in maggioranza di sesso femminile, ragazze molto giovani e carine. Giovane e carina era anche Morena, la figlia di Giacomo Scotti, lei e il padre erano i nostri traduttori, che siamo andati a prendere a Fiume. Ho sottolineato il "giovani e carine" perché ho notato un certo entusiasmo in certi volontari maschi, cosa questa alquanto piacevole.

Prima della frontiera con la Slovenia ci siamo fermati all'autogrill di Gonars. Alle frontiere non abbiamo avuto problemi ed il viaggio è proseguito piacevolmente fino a raggiungere la verde Slovenia. Per il pranzo, casualmente, ci siamo fermati a Otocec Graiska Cesta, una località termale turistica. Abbiamo mangiato i nostri panini in mezzo al verde, guardando i cigni che scivolavano su un corso d'acqua e delle libellule estremamente particolari con il corpo di un verde scuro. Alcuni di noi hanno attraversato il ponte che collegava il prato vicino alla strada ad un isolotto, nel quale c'era un castello antico adibito ad hotel, con davanti un monumento. Rinfrancati abbiamo proseguito il viaggio verso la frontiera bosniaca. Prima di raggiungerla abbiamo dovuto passare il fiume Sava; il ponte che collegava le due frontiere è stato distrutto in guerra e non è stato ancora ricostruito e come gli altri anni abbiamo dovuto attraversare il fiume con il traghetto. Finalmente, verso le 19,30 siamo arrivati a Doborovci. Ci aspettava una sorpresa, e cioè che il paese era quasi impraticabile perché era in corso una festa paesana (praticamente una festa per celebrare l'indipendenza della Bosnia). Il paese era letteralmente invaso da gente che proveniva anche dalle frazioni e dai villaggi vicini. Nel campo grande, dove solitamente organizziamo i giochi con i ragazzi, c'era una giostra a catenelle e vari stand gastronomici (come alle nostre sagre), e in tutti gli spiazzi liberi c'erano bancarelle, chioschetti piûù o meno improvvisati che vendevano bibite, panini e cevapcici, questi ultimi venivano serviti con il pane pita ed altre specialità locali.

Non ho detto in premessa che purtroppo il presidente Mario Fiorin, a causa dì una sciatalgia, non ha potuto venire con noi; lo ha sostituito il vice presidente Paolo il quale - assieme al nostro traduttore Giacomo - si è subito dato da fare per organizzare la nostra sistemazione. Siamo stati tutti mandati in varie case, ospitati da alcune signore e famiglie del posto. Come gli altri anni, siamo stati alloggiati in queste casette fatte di mattoni e legno, piene di tappeti, pagando un piccolo contributo di 10 marchi (circa diecimila lire) giornalieri a testa. Quando si entra, si tolgono le scarpe come si usa da loro. In genere dormiamo sui divani, ho notato che ogni casa ne ha sempre vari. Le donne bosniache si dedicano molto al lavoro all'uncinetto e adornano le loro case con tovaglie e centrini fatti da loro. Tutto sommato le case sono calde ed accoglienti.

LUNEDI 10 AGOSTO

Come tutti gli altri anni il punto focale, il nostro centro operativo, mensa, magazzino, punto di incontro è il ristorante di Krusko. E' importante precisare che questo ristorantino si trova nel centro del paese ed il proprietario ci mette a disposizione locali e cucina per i nostri pasti, riunioni, incontri con persone ed altro. Nel locale le donne stavano ancora terminando le pulizie per la festa del giorno precedente, ma verso le 9 le nostre cuoche, Anna e Battistina, avevano preparato la colazione.

Dopo l'incontro fra Gazibegovie, Direttore della scuola locale, e Habib, presidente dei Suncokret, con Giacomo, Paolo e Francesco, è stata indetta una riunione generale per una brutta novità. Tramite Habib, i notabili dei villaggio hanno riferito ai nostri che non reputavano opportuno che il campo giochi fosse montato a Doborovci, in quanto sarebbe stato distrutto in pochi giorni da alcuni ragazzotti.

Chiedevano piuttosto che venisse installato a Vranovic, una frazione a 4 km di distanza che avevamo visitato lo scorso anno e dove si trovava un altro gruppo di profughi. Come motivazione a questo cambiamento di programma, dissero che - mentre a Doborovci c'erano spesso occasioni di svago - nell'altro villaggio i bambini non avevano proprio niente.

E' importante qui una piccola spiegazione per il campo giochi. Il gruppo AVIP, tramite varie attività di "autofinanziamento" e con il contributo della Scuola Elementare "Montessori" di Pontelongo, è riuscito ad avere i fondi per poter installare un campo giochi comprendente: 2 altalene doppie, 2 bilancieri, una scala orizzontale, il tutto finalizzato non solo a creare momenti di gioco ai bambini del villaggio ma anche ad essere un momento di incontro, un trait d'union fra i bambini del villaggio e quelli dei profughi, presenti solo da alcuni anni e che per tanti motivi non si sono ancora integrati. A Doborovci è presente un mini villaggio per profughi le cui case, circa 40 per 800 persone, sono state costruite dal governo norvegese. Qui vivono i profughi rifugiatisi durante la guerra. Profughi e abitanti del paese non si sono molto integrati, entrambi sono musulmani ma le condizioni economiche sono parecchio diverse. I nativi sono contadini con il loro appezzamento di terreno e hanno anche altri lavori, alcuni sono emigrati in Germania o in Italia, le loro rimesse hanno permesso alle famiglie un certo benessere. I profughi invece hanno lasciato le loro case e il loro lavoro, in molte famiglie manca il capofamiglia morto in guerra, sono poveri e questo probabilmente insieme ad altri motivi crea differenze e contrasti fra questa gente.

Giacomo ci ha spiegato che in tutti i campi i profughi installati, anche in Croazia, forse a causa di una rabbia profonda che i profughi si portano dentro (hanno abbandonato le loro case, i loro averi, molti dei loro sono morti) sono "distruttivi", tengono bene solo la loro abitazione (roulotte, trailer) tutto il resto tendono a distruggerlo. Tutto ciò è da capire ma purtroppo questo reca danno principalmente a loro stessi.

Per discutere di questa novità ci siamo trovati tutti insieme: tutti eravamo amareggiati, allibiti, increduli, due mesi prima era venuta una delegazione dell'AVIP a concordare con loro per questo parco giochi, ed ora essi volevano cambiarne l'ubicazione per noi così importante e significativa. Tutti abbiamo fatto i nostri commenti supponendo che i rapporti non certo idilliaci tra villaggio e profughi si fossero incrinati ancora di più. Scotti ha pensato che un motivo potrebbe essere stato la possibilità di voti da parte della gente di Vranovic per qualche politico.

La discussione ha portato a questi tre punti di vista, sui quali pensare, onde decidere al meglio:

1 - Costruire il parco giochi nel campo, oltre ad essere uno sforzo inutile in quanto è certo che tutto verrà distrutto, potrebbe essere a questo punto motivo per seminare zizzania fra nativi e profughi.

2 - Costruirlo a Vranovic è comunque un regalo a dei bambini, un bene per loro che non hanno niente e - cosa da non dimenticare - anche a Vranovic ci sono profughi.

3 - Una soluzione salomonica potrebbe essere quella di ubicare i giochi in entrambi i paesi, alcuni a Vranovic ed altri a Doborovci.

Ci siamo comunque resi conto di un nostro punto debole come gruppo, e cioè che non avendo rapporti con dei referenti stabili del gruppo profughi, la comunicazione era carente. Da qui l'idea generale di andarli a salutare nel pomeriggio e fare una chiacchierata con loro.

Detto fatto! Nel pomeriggio ci siamo recati da loro. Ci ha accolti il maestro della scuola materna: Nusret, un ragazzo giovane, bello e simpatico con un sorriso molto accattivante.

L'aula della scuola materna è stata ricavata all'interno della costruzione principale dei norvegesi, quella che funge da spazio comunitario. Era ben arredata, alle pareti tanti disegni adatti ai bimbi piccoli ed inoltre c'erano lavori in legno eseguiti artigianalmente, come casette, carrozzine ed altro.

Il maestro, durante l'anno scolastico, tiene 20 bambini dai 3 ai 7 anni per tre ore e mezza al giorno, per una retta di 10 marchi al mese ciascuno. Nel campo profughi c'è un'altra quarantina di bambini che non può partecipare, in quanto le famiglie non possono permettersi questa pur esigua spesa. All'inizio frequentavano anche sette bambini del villaggio che però sono stati ritirati in quanto i genitori non vogliono che si mescolino ai bambini profughi. Dopo la conversazione con il maestro abbiamo passeggiato per il campo profughi, sempre accompagnati da sciami di ragazzini, e abbiamo potuto vedere delle donne intente a tessere a mano al telaio.

Ad un certo punto ci siamo divisi: alcuni si sono recati dai rappresentanti del comitato dei profughi per sondare il terreno riguardo al discorso del parco giochi. Questi hanno confermato il problema che il parco giochi - se messo dove deciso inizialmente - sarebbe stato votato alla distruzione. E' stato chiesto loro se eventualmente avrebbe potuto interessare l'adozione a distanza di alcuni bambini del campo, per permettere loro di frequentare la scuola materna, essi si sono detti favorevoli.

Un altro gruppo (nel quale c'ero anch'io) si è recato alla casa di Roky. Questo ragazzo è il beniamino dell'AVIP, molti lo conoscono dal primo anno e per vari motivi hanno una forte simpatia per lui.

C'erano i suoi fratellini e sorelline, la madre ed una zia, una tipa alta in jeans con una pettinatura imponente, che camminava ben dritta. Ci hanno offerto aranciata e caffè, il loro caffè "alla turca" appena macinato, molto buono. La zia ci ha detto che sapeva leggere le carte ed i fondi di caffè. Ci siamo precipitati a mostrarle le nostre tazzine, io ho trangugiato subito il mio che mi avevano versato nuovamente non appena avevano visto la tazzina vuota (anche questa è una loro usanza, come da noi una volta succedeva per il vino). Le tazze però non andavano bene, i fondi erano troppi, abbiamo perciò accettato di farci leggere le carte.

Siamo andati in camera da letto e - seduti per terra - la zia, Morena, Nando ed io ci siamo fatti leggere passato e futuro; siamo usciti con alcune perplessità, vedremo in futuro se ha letto bene o meno.

Mi ha dato una strana sensazione quella donna che emanava energia e anche un po' di fascino e che sognava di venire in Italia... vederla vestita bene con un così bel portamento in una casa modesta, in un paesetto con così poche prospettive per lei!

La serata è terminata alla grande. Era San Lorenzo, ma non abbiamo visto stelle cadenti, in compenso abbiamo cantato la serenata alla grande stella Ivano (detto "celo", cioè calvo). Lui era già in camera, si preparava alla notte, ci siamo appostati sotto alla sua finestra e via: abbiamo cominciato a cantare "Poroporompompero-poroporomponpon". Con la disinvoltura di una star si è graziosamente affacciato alla finestra e ci ha concesso due barzellette mitiche sui "ciosotti" e la benedizione "Urbi et orbi": risate a non finire.

MARTEDI' 11 AGOSTO

Per prima cosa c'è stato un incontro con Habib, al quale hanno partecipato Paolo, Francesco e ovviamente Scotti. Ci hanno poi riferito che Habib aveva spiegato loro che a Gračanica ci sono molte cose che non funzionano e che la gente ha perso la fiducia nel Suncokret. Ci sono cose poco chiare: ad esempio di una delle macchine regalate lo scorso anno non si è più saputo nulla - non solo - ma la mancanza di chiarezza e la difficile comunicazione ha portato la gente a pensare che siamo stati noi italiani a cambiare le cose e per questo qualcuno ci tratta con freddezza. Tutto questo non ci aiuta di certo a sentirci bene.

La mattinata è trascorsa al campo con i ragazzi per svolgere i giochi che avevamo programmati.

Come gli altri anni, abbiamo organizzato delle squadre, ognuna con bandane di colore diverso per differenziarsi. Nel campo diviso in 5 parti giocavano in contemporanea 10 squadre: bianchi, azzurri, rosa, rossi, verdi, marrone, gialli, arancione, violetto e verde chiaro.

Il problema più grosso è stato - come sempre - spiegare il gioco e fare rispettare le regole, ma una volta avviati i giochi i bambini erano molto partecipi e simpatici. Il gruppo dei bambini più piccoli giocava a parte seguito da Grazia, Laura e Monica.

Dopo i giochi tè e biscotti per tutti. Una battaglia questa, visto che i ragazzini non sono come i nostri che sono sazi di tutto e non si entusiasmano a niente. Loro no, tentavano di fare il bis ed il tris e per non lasciare qualche bambino più timido o più disciplinato senza la sua parte dovevamo stare attenti. A parte questo, il pomeriggio l'abbiamo dedicato alle escursioni, accompagnati dal professore di Storia, Fisica e Geografia dell'Università di Tuzla, Dottor Ruzmir, e dall'insegnante di matematica, Dotto.ssa Bahrija.

Prima tappa: il castello di SOKOL, che abbiamo visto da lontano. Il nome significa "falco" e questo nome è stato dato in quanto il castello si trova su una roccia così alta che allora solo i falchi ci potevano andare. Il castello è stato costruito verso il 1200 e la dinastia reale che ci viveva era la dinastia dei Katramanici; l'ultima regina si chiamava Elena, nei suoi ultimi anni si recò a Roma e lì mori, lasciando in eredità il suo reame allo Stato Pontificio.

Verso il 1400 questo castello subì l'assedio dei Turchi che ci misero comunque 80 anni per farlo capitolare. Fino al 1440 fu una fortezza dei Turchi che però - dopo l'invenzione della polvere da sparo - l'abbandonarono in quanto non era più sicuro.

In questa piccola regione usi e costumi sono diversi, sono Bosniaci e Musulmani diversi da quelli delle altre località. In queste zone ci sono anche vocaboli di origine latina in quanto, originariamente, gli abitanti erano Bogumìli. Questa popolazione era appartenente ad una setta cristiana originaria della Bulgaria (Sec. IX), il nome deriva dal fondatore Bogumil (in Bulgaro "caro a Dio"). Questi professò un rigido dualismo d'ispirazione manichea. Perseguitati e più volte sterminati essi resistettero in Bosnia fino alla fine del secolo XIVº, arrivando ad influenzare in occidente l'eresia dei Catari. Qui, in queste zone, vennero perseguitati da Roma che mandò una crociata per sterminarli, decisero allora - per sopravvivere - di farsi musulmani.

Seconda tappa: il castello della cittadina di SREBRENIK, che vuol dire "argento", perché il castello, specialmente in certe ore della giornata, risplende come se fosse di quel metallo.

L'abbiamo visitato; è del XIIIº secolo ed è uno dei meglio conservati della regione e meta turistica.

Anche questo castello era di proprietà della dinastia dei Katramanici, l'ultima dinastia reale della Bosnia medioevale. Si racconta che tre principesse sorelle costruirono tre castelli, di cui uno è questo.

Esso viene menzionato per la prima volta in un documento del 1323, con l'occasione del viaggio affrontato da una delegazione della Repubblica Ragusea per portare dei doni al re di questo castello che aveva avuto un figlio. E' costituito da una prima torre superiore, dalla parte dove era ubicata la residenza del sovrano quando ci soggiornava, da una seconda torre e da un'altra di entrata con il ponte levatoio. i Turchi nel 1463 lo conquistarono dopo un lungo assedio e dure battaglie,. Dalla conquista dei Turchi al 1840 è stato usato come fortezza. Ha visto aspri combattimenti durante le due ultime guerre mondiali. Una ventina d'anni fa è stato restaurato e durante il regime di Tito era luogo di vacanza per gli artisti.

Terza tappa: il castello di GRADACAC.

Questo nome vuoi dire "Piccola città". Anche questo è un castello medioevale conquistato dai Turchi che l'hanno usato e ampliato. Costituita dal castello e dalla torre dell'orologio (quest'ultima edificata dai Turchi) era la fortezza più importante della regione.

La fortezza era amministrata da capitani che si tramandavano il compito di padre in figlio. li capitano più ricordato è Hussein che - subito seguito da altri capitani della zona - sollevò una ribellione contro il sultano di Istanbul.

Nel 1830 l'impero turco mandò un esercito per domare i ribelli, ma i rivoltosi lo sconfissero mantenendo così l'autonomia dall'impero centrale. Hussein venne cosi acclamato dal popolo "Drago di Bosnia", ispirando canti popolari epici tanto da essere celebrato in varie opere letterarie.

Il sogno di autonomia dura però pochi anni, l'esercito di Istanbul alla fine ha il sopravvento, Hussein viene fatto prigioniero, portato dal sultano e ad Istanbul viene giustiziato.

Sarà l'Austria a "liberare" questo paese dal dominio di Istanbul nel 1875, annettendolo però dopo 5 anni nei suoi territori. Solo con la prima guerra mondiale si ottiene l'indipendenza.

La fortezza, che è in un punto chiave, durante l'ultima guerra - dal 1992 al 1995 è stata un punto di osservazione dei Serbi.

Dopo la gita era in programma un bivacco, che per problemi organizzativi non è stato fatto; è stata quindi preparata una ottima grigliata nel ristorante di Krusko, offerta da Habib.

MERCOLEDI' 12 AGOSTO

Nella mattinata si sono svolti i tornei come il giorno precedente. Alcuni ragazzini proprio bravi hanno collaborato nel mantenere il proprio gruppo compatto e disciplinato nei giochi. Sono tutti cari bambini e, pur non parlando la stessa lingua, ci si capisce comunque. Ci è stato riferito che, già in questo secondo giorno di tornei, i partecipanti ai giochi, scambiandosi le bandane che fungevano da distintivo per le varie squadre, avevano rifatto le squadre da noi organizzate, costituendo così squadre di profughi e squadre di paesani. Nel pomeriggio invece ci siamo dedicati ad organizzare piccoli laboratori di lavori manuali. Un gruppo - sotto l'insegnamento di Virginia e Leila - ha fatto meravigliosi fiori di carta. E' incredibile come sì possano ottenere fiori che sembrano veri usando la carta crespa, un'arte vera e propria! Maria Grazia, Monica e Luciana e Laura hanno insegnato a fare dei portapenne. Io e Daniela abbiamo fatto i braccialetti intrecciati. Daniela quelli più complessi di filo intrecciato tipo "macramè", i miei erano più semplici, a treccia.

Nel nostro gruppo però, di 15-20 ragazzine solamente due tre si sono cimentate a provare da sole. La maggior parte non voleva nemmeno tentare di imparare; quando cercavo di spiegare loro, notavo che non si concentravano, non ponevano abbastanza attenzione. Ho pensato che non fosse mancanza di interesse, visto che tutte erano entusiaste di avere il braccialetto, quanto una mancanza di sicurezza nelle proprie capacità che è fondamentale per avere poi la volontà di provare. Qualche volta ai giochi o ai laboratori, veniva a dare un'occhiata anche il maestrino, non si capiva quanto fosse contagiato dal nostro entusiasmo di animatori o quanto fosse interessato alle nostre giovani animatrici, visto la corte soft e garbata che faceva specialmente ad una di loro. Era piacevole vederlo, ed i rossori di lei erano deliziosi.

Nel frattempo Giacomo ha tenuto lezione di italiano a 15 ragazzini/e. Ci ha riferito che è andato molto bene ed io ci ho creduto perché la sera stessa qualcuno ci salutava e ci chiedeva i nostri nomi in italiano, con una pronuncia praticamente perfetta.

Era stato deciso di dare una targa di riconoscenza a Krusko e di mettere un pannello disegnato nel campo giochi.

Monica - la creativa del gruppo - la nostra "Picassa" in gonnella, Maria Grazia e Leila hanno avuto il loro bel da fare a disegnare, dipingere, il risultato di tante ore di lavoro è stato però sorprendente.

GIOVEDI' 13 AGOSTO

Mentre Marco, Germano e Giacomo si sono recati presso la scuola elementare dei villaggio di Vranovic, per individuare il luogo dove montare il parco giochi, tutti gli altri sono scesi in campo a continuare i tornei. E' stata l'ultima giornata di giochi, i ragazzi, ormai esperti, hanno partecipato pieni di entusiasmo. Leila ed io questa volta avevamo le squadre viola ed arancione. Nella squadra viola c'era un ragazzino che partecipa ogni anno, si chiama Adish ed è proprio in gamba, ci ha aiutate a tenere il gruppo compatto e tranquillo nella distribuzione del te e biscotti. Alla fine dei giochi è stato dato a tutti un lecca-lecca gigante a forma di cuore, alla cui vista si sono ingigantiti anche gli occhi dei bambini.

Nel pomeriggio si sono svolti i laboratori: Battistina, Laura, Morena e Ruben hanno seguito i bambini piccoli che hanno decorato i sassi e fatto dei disegni con gli stampini. Daniela ed io eravamo ormai specializzate nei braccialetti, Virginia e Leila si dedicavano ai fiori di carta, Luciana e Grazia hanno fatto braccialetti con le perle; Maurizio, Francesco, Ivano, Marco e Nando hanno tenuto attività sportive con i ragazzi.

Ivano Calore ha sostituito Battistina in cucina. Non racconto mai delle nostre cuoche: fare le cuoche è un atto d'amore. Rimanere in cucina al chiuso, mentre gli altri si stanno impegnando ma anche - ammettiamolo - divertendosi con i ragazzi e ricevendo da loro una grande carica di energia, è amore ed eroismo.

Se fosse stato per me avrebbero dovuto accontentarsi tutti di panini, ma per fortuna Anna e Battistina ci hanno preparato pastasciutta a volontà, pomodori, uova e tanto tonno. Una volta abbiamo perfino cenato a lume di candela e mangiato la macedonia.

Viva Anna e Battistina, nostre grandi cuoche che tra l'altro si sono cimentate in una cena alquanto impegnativa, quella offerta ai nostri amici: Habib con la moglie, Nuzret, Krusko con suo figlio e la moglie, una signora alta e bionda ed il cantante.

Con le tavole disposte a ferro di cavallo, abbiamo offerto loro spezzatino con patate, cipolle bollite, verza, frutta e biscotti. Dopo cena sono stati consegnati l'attestato di amicizia a Krusko e dei regalini a tutti, anche a Giacomo e Morena.

Ivano (Celo) e Giacomo hanno letto alcune loro belle poesie. La poesia di Giacomo celebrava l'unità dei popoli, quelle di Ivano... impossibile dimenticarle, entrambe in dialetto veneto, una dedicata alla mamma e l'altra alla m...a. Dopo si è esibito il cantante. Lo chiamo così perché non ricordo il nome. A mio parere è un bell'uomo (qualche chilo in più, forse per la troppa birra ed un dente mancante ma comunque un bell'uomo). Secondo me interpreta molto bene queste canzoni popolari un po' tristi, le canta suonando la fisarmonica, strumento che ne accentua la malinconia. Mi hanno spiegato che sono canzoni d'amore popolari, da un secolo vengono cantate da questa gente. Tutte le volte che ho sentito quest'uomo suonare e cantare ho percepito in quella musica la sua anima, la sua sofferenza, i suoi sogni.

Non ho capito i testi di queste composizioni, ma mi sono entrate nel cuore e ne sono rimasta rapita.

La moglie di Habib ha poi iniziato a ballare invitando noi a seguirla ed alcuni di noi si sono cimentati nei passi delle loro danze.

E' stata per tutti una serata di allegria, molto piacevole.

VENERDI 14 AGOSTO

La mattinata è iniziata con una caccia al tesoro. Grazie al gran lavoro di organizzazione di Maurizio - a parte i disguidi iniziali - è andata molto bene. Sono state fatte cinque squadre, formate ognuna da due squadre dei giochi dei giorni precedenti. Ad ogni squadra - seguita da un animatore - veniva dato un cartello con le indicazioni di dove trovare quello successivo e cosi via. Ha vinto la squadra che per prima è arrivata al nostro Fiorino piazzato in campo. Ci sono stati premi per tutti, ovviamente regali migliori per due squadre che si sono piazzate per prime. E' stato un gioco entusiasmante, e come tutte le cacce al tesoro ogni squadra aveva la smania, la tensione di arrivare per prima e noi animatori, anche se dovevamo solo seguirli per controllare che il gioco fosse eseguito correttamente senza aiutarli nella ricerca dei cartelli che erano nascosti, in realtà ci trattenevamo a stento dal partecipare attivamente al gioco ed ovviamente tutti noi tifavamo per la squadra che seguivamo.

Nel pomeriggio abbiamo raggiunto Ivano, Nando, Marco che - aiutati in un secondo tempo anche da Francesco e da Ivano (Celo) - avevano lavorato sodo tutta la mattina per installare il parco giochi. Avevano montato quasi tutti i giochi, anche il cartellone con il disegno dei coniglio fatto da Monica.

Ai ragazzini che nel frattempo sono venuti a curiosare abbiamo dato caramelle e piccoli regalini. Fra questi bambini e bambine - che lo scorso anno ci avevano colpito perché vari di loro avevano visibili problemi di pelle - anche quest'anno c'era una anziana signora con lo sguardo innocente e contento di bambina, probabilmente affetta da sindrome di Down ed una bambina in braccio alla sua mamma, con problemi di deambulazione. Come l'anno scorso ho notato come era ben pulita ed ordinata e la madre cercava di renderla partecipe a quanto stava succedendo. La sera con Krusko ed il cantante siamo andati a Gračanica al ristorante; praticamente metà cena ce l'ha offerta lui, che non ha toccato cibo (ha solo bevuto birra e fumato).

Fumano tutti molto in Bosnia, è un po' come da noi 50 anni fa, quando non si parlava degli effetti dannosi del fumo. Iniziano giovanissimi e continuano alla grande.

Sui tavoli sono stati posti grandi vassoi con diversi tipi di carne ai ferri, cevapcici e spiedini, una bontà! La carne lì è veramente squisita e la si può mangiare a cuor leggero, senza la preoccupazione che sia imbottita di estrogeni o peggio ancora che sia infetta dal virus della mucca pazza. Lì, le mucche, le capre, le vedi pascolare libere, a volte le trovi con il contadino per la strada.

Dopo cena passeggiata per Gračanica: abbiamo constatato che la città si sta riprendendo sempre dì più, la facciata dei municipio che lo scorso anno era piena di fori di proiettili è stata restaurata.

Un gruppetto è andato a trovare Suad e la sua famiglia. Suad è un amico che l'AVIP aveva aiutato per anni quando era profugo in Croazia.

SABATO 15 AGOSTO

Maratona e premiazioni, regali per tutti. Il pranzo è stato offerto da Krusko, noi eravamo un po' di corsa per prepararci per la partenza. Due le tavole preparate: una, la nostra a ferro di cavallo, a sinistra, un'altra tavolata un po' più piccola a destra.

Pollo arrosto, patatine, una specie di torta con farina di mais e formaggio, buonissima, una salsina agrodolee deliziosa, la solita verza, ed una specie di pane loro: la "pita". Birre, aranciate a volontà. Dopo il pranzo Krusko ha preso la parola, ci ha spiegato il perché di questo invito e perché aveva invitato anche gente del villaggio. Ha detto a noi e alla sua gente che in questi tre anni aveva avuto modo di conoscerci e apprezzare il nostro lavoro, si era reso conto inoltre che al villaggio la gente non aveva capito chi siamo. Alcuni pensavano che fossimo pagati dal governo per fare questo, altri pensavano che fossimo turisti, e lui aveva invitato a mangiare anche alcuni suoi compaesani e rappresentanti dei profughi, proprio per questo, per fare sapere loro che noi eravamo lì, autofinanziati, durante le nostre ferie per fare animazione ai loro ragazzi.

Ha sottolineato che ci teneva che loro sapessero questo, che noi dedicavamo le nostre energie ed il nostro tempo per aiutare i ragazzi profughi. Con convinzione ci ha chiesto di continuare a venire anche i prossimi anni. Ivano (Celo) ha quindi - per tutti noi - ringraziato Krusko per l'ospitalità e l'aiuto determinante che lui ci aveva dato per poter portare avanti le nostre attività ed ha promesso il nostro ritorno l'anno prossimo. Il discorso ci ha lasciati tutti letteralmente a bocca aperta. Purtroppo essendo pronti a partire, abbiamo avuto solo il tempo di commentare frettolosamente fra noi.

Un'amica del campo profughi ha dato a Maria Grazia per il suo compleanno un regalo: un anellino d'oro, e Giacomo le ha dedicato una poesia. Tutti i nostri sguardi interrogativi si sono puntati su Francesco, moroso e futuro sposo. Aveva o non aveva provveduto al regalo di Maria Grazia?

Nel primissimo pomeriggio tutti nel campo. Gli addii: un cerchio grande con tutti i bambini per dirsi ciao. Ci siamo salutati - e salutarsi è sempre difficile.

La strada del ritorno.

Piccoli resoconti e bilanci di questa settimana.

Da parte di qualcuno il rimpianto di non aver fatto di più, a casa avevamo organizzato anche altri laboratori, giochi. Sì, forse si poteva fare di più, forse il ritmo poteva essere meno lento, si poteva essere più produttivi.

Ne sarebbe valsa la pena? Leila e Chiara, piene di nostalgia, hanno raccontato che alcune bambine avevano talmente simpatizzato con loro che, entusiaste, le seguivano ovunque, le accompagnavano a casa, un giorno le avevano aiutate a lavare ed asciugare i capelli.

Penso a queste bambine, a come avranno visto meravigliose tutte le nostre giovani animatrici, sempre sorridenti ed affettuose, penso anche alle nostre animatrici e a come avranno sentito meravigliose tutte queste bambine, e penso anche che questa reciproca simpatia è una delle cose più belle che questo soggiorno ci ha dato, è forse l'esperienza più grossa di questo viaggio. La simpatia, l'affetto, il comunicarsi anche se non si parla la stessa lingua, anche se la religione è diversa, anche se il nostro caffè è espresso ed il loro alla turca, ma comunque è buono. L'entrare in casa togliendoci le scarpe, e dire "dobar dan, molim, hvala", e questo magone perché stiamo andando via da Doborovci, così piccolo ma così bello, con tutti i pagliai ed il verde, così pieno di bambini che non mangiano merendine, bevono l'acqua del fossato sporca e puzzolente e sono smilzi, svelti, simpatici. Penso anche che fare animazione è stato utile e mi sono divertita, ma in fondo ovviamente non cambierà nulla ed è giusto che sia così, o meglio non è che non cambia nulla, cambio io, il mio modo di pensare, il mio cuore.

Arrivederci Doborovci, arrivederci piccoli, arrivederci Bosnia, siete entrati nel mio cuore.

COMMENTI E TESTIMONIANZE: DOBOROVCI ANNO 3º

Ogni volta è sempre più... nuova come esperienza.

La preparazione, soprattutto psicologica, all'iniziativa di animazione a Doborovci risulta sempre più insufficiente: si deve ogni volta far ricorso alle energie, ai sorrisi (e alle lacrime) di scorta.

Il vivere tanti avvenimenti, subire tante sollecitazioni emotive e tanti cambiamenti in così poco tempo mette a dura prova la nostra resistenza ma, in cambio, ci lascia un pieno di "superenergie" solidali che ci bastano per almeno un anno, cioè fino alla prossima esperienza di... Doborovei anno 4º. L'esperienza del '98 con la costruzione del parco giochi da una parte, e l'aver riscontrato lo sfilacciamento del Suncokret dall'altra, è stata caratterizzata anche dall'aver visto sotto nuova luce il taverniere Krusko e dall'aver conosciuto Nuzret (un giovane profugo pieno di iniziative che ha avviato un asilo nido nel campo profughi).

Quest'ultima scoperta ci ha anche spinto a dare il via all'iniziativa "ADOTTIAMO UN ASILO", cioè a sovvenzionare la permanenza in asilo di 40 bambini profughi e 10 del paese per tutto l'anno.

Nel complesso ancora un'esperienza positiva e da ripetere!

Ivano Manzato

E IO QUESTE PERSONE LE CONOSCO

E' sempre difficile lasciarsi coinvolgere dai problemi degli altri, forse per egoismo, per indifferenza, per insensibilità o forse semplicemente per una inconsapevole forma di difesa che ci protegge dalla sofferenza che un fatto orribile qualsiasi (sia calamità naturali che azioni dell'uomo) ci potrebbe provocare.

Sono partita per la Bosnia non completamente cosciente di ciò che mi aspettava, proprio perché non mi sono mai sentita particolarmente coinvolta dalle guerre che continuano ad esserci ogni giorno, avendone sentito solo parlare in televisione o avendo letto qualcosa sui giornali o sui libri di scuola. Non posso preoccuparmi per tutto il male e la sofferenza che ci sono nel mondo! Ma andare lì, camminare su quelle strade, conoscere quella gente, entrare in quelle case...

Non è più uno dei tanti posti dove si è combattuta una delle tante guerre che ci sono sempre state nel mondo, ma è il paese in cui, a causa della guerra, molte persone sono state uccise e tante altre ne stanno pagando le conseguenze. E io queste persone le conosco.

Non è più una foto sul giornale o un servizio in TV, ma un'esperienza che ho vissuto di persona, un ricordo che resterà con me per sempre.

Adesso il mio pensiero e il mio aiuto andranno a delle persone e soprattutto a dei bambini che hanno dovuto vivere, affrontare, subire, una delle peggiori azioni che l'uomo può compiere, in quanto contro la sua stessa natura: l'uccisione di un suo simile. Uomo che uccide uomo.

Non è ammissibile che un bambino conosca la sofferenza della guerra, e non conosca la gioia dei gioco, del reciproco aiuto, della speranza, di avere un proprio spazio (sia materiale che affettivo) dello stare assieme.

Spero veramente di essere riuscita a trasmettere ai bambini questa sensazione; perché non crescano solo secondo la legge dei più forte, dei più furbo, ma anche secondo i principi della solidarietà.

Se alla fin fine la settimana che abbiamo trascorso assieme è servita anche "solo" a mettere un po' di "allegria", credo vada bene lo stesso, perché proprio loro, i bambini, sono stati bene, e quando si sta bene con se stessi si è più disponibili con gli altri.

Questo è valso anche per me. Vederli felici, sorridenti, è stata la più grande ricompensa e mi spingeva, nonostante tutte le difficoltà e la stanchezza, a continuare a stare con loro, in mezzo a loro, per loro. E per me stessa.

Non posso disperarmi per tutta la violenza a cui assisto - anche se indirettamente - ogni giorno. Però so che adesso ho la possibilità di fare qualcosa per qualcuno: in questo caso per gli abitanti della Bosnia.

Un po' alla volta, diventa il tuo modo di vivere, quotidianamente, perché se non ci aiutassimo tra di noi, la società non avrebbe senso.

Vivere unicamente per se stessi, non dà la stessa soddisfazione. Credo sia nella natura dell'uomo.

Laura Fiorin

IO STO ASPETTANDO LORO E LORO STANNO ASPETTANDO ME

Spiegare in poche parole quello che ha significato per me questa esperienza non è facile, anche perché penso che non esistano parole appropriate, che non siano già state usate, per fare capire agli altri che questo viaggio ha cambiato in modo radicale il mio modo di pensare, perché a stretto contatto con una realtà diversa dalla mia, con bambini che hanno bisogno di te e tu di loro.

In poche parole sono partita vuota di aspettative e sentimenti positivi, e sono tornata piena di gioia per le amicizie fatte, delusa di me perché avrei potuto fare di più, triste perché dovranno passare dodici mesi prima di rivederci, ma felice perché come io sto aspettando loro, loro stanno aspettando me. Infine posso solo dire che li ringrazio anche perché, per la prima volta, mi sono sentita veramente utile per qualcuno e - ora come ora - coinvolta in qualcosa che mi interessa veramente con persone che la pensano come me.

Carla Bertin

NOSTALGIA DEI BAMBINI ED UN RICORDO STUPENDO DI QUEI GIORNI

Fare un commento, dire in poche parole cos'è stata per me la missione a Doborovci non è facile: posso paragonarla ad un fulmine che arriva all'improvviso a ciel sereno e lascia il suo segno.

E all'improvviso infatti è arrivata per me la decisione di partire, avvenuta solo due settimane prima dei giorno stabilito. Non conoscevo ancora il gruppo AVIP, non me avevo mai sentito parlare. Solo una serie di coincidenze mi ha fatto conoscere il gruppo, ma soprattutto decidere di partire per la Bosnia.

Il bello di questa esperienza è che non ho avuto il tempo di pensarci troppo prima di partire, così non mi aspettavo niente di particolare e tutto quello che ho trovato ha lasciato in me un ricordo bellissimo ed ho accettato tutto come qualcosa di importante da portare a casa.

Ci sono state così tante cose che ho visto, che ho fatto, che ho provato, nei giorni passati a Doborovci che è impossibile riuscire ad esprimerle tutte senza perderne il valore.

Alcune di queste mi hanno colpito particolarmente. Lo scopo della missione era di portare un messaggio di pace a Doborovci e l'intento si doveva raggiungere organizzando giochi ed attività per i bambini del paese, cercando di integrare i bambini profughi con quelli nativi.

Abbiamo lavorato molto per questo, ma non è importante dire cosa abbiamo fatto, quanto piuttosto riferire di quanto sono stati contenti i bambini e di quanto anche loro hanno saputo trasmetterci con la loro semplicità. E' stato sorprendente per me vedere il loro sorriso stampato sulla bocca e la loro gioia nel giocare anche con poco.

Andare a Doborovci è stato come portare una vacanza a dei bambini che per motivi più grandi di loro non possono spostarsi da quella terra.

Ho avuto quasi l'impressione che la guerra non abbia coinvolto i bambini: hanno la stessa voglia di giocare dei bambini italiani, forse anche di più, sono contenti se vincono e si arrabbiano se perdono, hanno l'entusiasmo di tutti nel far vedere i premi vinti alle loro mamme... l'unica differenza che ho riscontrato è che sanno apprezzare qualsiasi cosa venga fatta per loro, anche quelle che per noi non contano molto, come un bicchiere di the e dei biscotti per merenda. E sono queste le cose che più restano in chi fa una simile esperienza.

E' stato bello anche l'affiatamento creato nel gruppo AVIP, affiatamento che è stato secondo me fondamentale per la buona riuscita della nostra missione. Assieme sono stati affrontati i problemi e assieme abbiamo vissuto i momenti più difficili ed anche quelli più divertenti. Ed è proprio il caso di dire che "l'unione fa la forza".

E' stato bello condividere anche due ore di acqua corrente al giorno con altre persone ed usarla con il contagocce per non sprecarla. Abbiamo così avuto modo di capire l'importanza di alcune cose che per noi in Italia sono praticamente scontate.

In una settimana ci siamo abituate a molte cose, come l'insopportabile odore di carne per la strada del primo giorno, l'inevitabile presenza delle mosche in cucina, la mancanza di acqua, la polvere della strada non asfaltata, le mani sporche dei bambini che ci abbracciavano per dimostrare la loro felicità nel vederci.

Ma tornata a casa, ho avuto nostalgia di tutte quelle cose così lontane dalla mia vita di tutti i giorni ma diventate ormai parte di me nella mia breve visita in Bosnia.

E adesso, dopo tre mesi da quel viaggio, mi resta la nostalgia per i bambini, il ricordo stupendo di quei giorni e la voglia di ritornare il prossimo anno per rivivere "Insieme con gioia ancora"

Daniela Fiorin

MOMENTI COSI NON SI SCORDANO FACILMENTE

Vorrei innanzi tutto dire che questa esperienza, anche se non è la prima volta che la vivo, è sempre nuova e viva nei miei ricordi e nella mia voglia di ripeterla e di dare gioia e riceverne insieme alle bellissime persone e ragazzi conosciuti in Bosnia.

L'ambiente, così diverso dal nostro, poteva sembrare uno dei nostri paesini degli anni cinquanta, quando la gente non era ancora tutta presa a correre di qua e di là con l'automobile, ma viveva una vita più tranquilla e più a contatto con la natura.

Non conoscevo la lingua, la mia mentalità era diversa dalla loro, l'educazione mi portava a reagire diversamente, ma alla fine, la voglia di giocare e di divertirmi insieme a loro ci portava ad essere un unico corpo, come quando, nel campo dove organizzavamo i giochi, con i nostri corpi, prima della nostra partenza "abbiamo scritto": "AVIP".

Momenti così non si scordano facilmente, non ci si scorda delle facce felici, nel ricevere un piccolo dono, per loro tanto grande ed affettuoso, da portarli a piangere dalla tristezza nel il momento in cui ce ne siamo andati.

L'ospitalità delle persone, nella loro semplicità, e la generosità dei bambini nella loro miseria credo ci abbia insegnato ad essere più generosi ed ospitali e a non guardare una persona dal solo aspetto, perché se dovevamo guardarli, talvolta sporchi o trasandati, non si sarebbe mai potuto pensare che dentro di loro ci potesse essere stato un cuore tanto buono e cordiale.

Credo perciò che essere volontari ci porti a vivere insieme con gioia nel modo migliore, per saper condividere tutto con gli altri.

Ruben Bautista

UN'UNICA GRANDE EMOZIONE

Una delle prime cose che ho capito della Bosnia è stata quella - ovvia - di un luogo che non ha ancora visto del tutto il finire della guerra. Questo non tanto per quegli inutili segni di scempio sulle case o - come nel caso di Doborovci - per quella numerosa presenza di profughi, quanto per la sensazione di provvisorietà e pressappochismo che si avverte sostando su questa terra.

Le persone pare abbiano uno speciale orologio regolato su chi sa quale meridiano, per niente ansiogeno come il nostro. Non mi spiegavo - ad esempio - se la loro immobilità fosse segno dì attesa o di rassegnazione o se trovassero che il tempo tra l'alba e il tramonto fosse più che sufficiente per le loro occupazioni. Il modo gentile di ospitarci poi, che sfiorava l'amorevolezza, lo trovavo talvolta imbarazzante, ma più per introversione che per ingratitudine. In alcuni casi (come per le difficoltà sorte per la realizzazione dei campo giochi) c'è stato, purtroppo, un atteggiamento di inspiegabile incoerenza e voluta incomprensione; così, proprio per questa varietà di aspetti, l'umanità rappresentata dai bosniaci musulmani mi provocava delle perplessità a volte divertite, a volte infastidite.

Per quanto riguarda l'attività di animazione, la fatica che ho sentito - nonostante lo sforzo - non mi ha permesso di evitare una debolezza: quella cioè di non aver fatto abbastanza per riempire certi vuoti e di non essere stata presente coi bambini tanto quanto loro lo sono ancora in me. La gioia che quei ragazzini riuscivano incredibilmente a rendere così diversa e migliore, ripensandoci è accompagnata dal rimorso di averla avuta troppo facilmente. I piccoli abitanti di Doborovci significano per me un bene anomalo, perché privo di vincoli e di durata, che non è stato semplice lasciarlo inglobare col resto del mio consueto mondo di affetti. Nel momento in cui ho lasciato la Bosnia, le giornate trascorse si sono trasformate in un'unica grande emozione. Una sorta di appunto che si fa ricordare in ogni pagina dell'agenda e che non posso risolvere cancellandolo e neppure allontanarlo dagli altri momenti della giornata; non per obbligo ma per riconoscenza.

Leila Zanellato

UNA LETTERA DA DOBOROVCI

Caro Mario,

mi dispiace molto per il fatto che tu non sei stato con noi in Bosnia. La missione "Insiemecongioia" è stata ripetuta anche quest'anno grazie agli eccellenti volontari italiani.

Sono contento perché abbiamo continuato la nostra collaborazione, malgrado i problemi che noi abbiamo avuto qui, ma il fatto più importante è che i bambini siano stati contenti: essi sono molto entusiasti per tutti i volontari del gruppo AVIP. Il tempo della guerra è passato ed adesso dobbiamo insegnare ai giovani come si fa amicizia con la gente di tutto il mondo. Mi sono stupito positivamente vedendo che tra i membri dell'AVIP ci sono tanti giovani che voglio aiutare la Bosnia e che vogliono conoscere i problemi dei nostro popolo.

Per le attrezzature del parco giochi abbiamo proposto la sistemazione davanti alla scuola di Vranovic, perché pensiamo che di là si conserverà e la si userà meglio.

Spero che la nostra collaborazione possa continuare anche negli anni futuri. Cercheremo di avere anche noi più giovani nella nostra organizzazione, perché il mondo è affidato ai giovani.

Ancora una volta ti voglio ringraziare personalmente per il tuo lavoro, soprattutto per aver consentito ai volontari dell'AVIP di venire a Doborovci, a portare la gioia ai bambini e ai ragazzi e anche grande soddisfazione a tutti noi.

Salutate tutti i nostri amici che quest'anno non sono stati con noi.

ARRIVEDERCI AL PROSSIMO ANNO! Doborovci 14 agosto 1998

IL PRESIDENTE DEL "SUNCOKRET"

Habib Dzananovic

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